A Copenhagen iniziano ad arrivare i big, i leader mondiali, quelli che potrebbero imprimere una svolta ai negoziati, ma l'atmosfera è pessimista, addirittura, secondo il ministro britannico Miliband, fin'ora non si è nemmeno provato seriamente a cercare un accordo
(Rinnovabili.it) – Decine di capi di stato giungeranno oggi alla Conferenza confidando proprio in un accordo in extremis per la riduzione delle emissioni di gas serra e vari leader ed esponenti di paesi hanno fatto sentire la loro voce.
Hillary Clinton, ad esempio, mette l’accento più sugli sforzi e gli impegni delle singole nazioni che sull’importanza di raggiungere un accordo condiviso e vincolante, dichiarando – “Un accordo di successo dipende da una serie di elementi chiave, ma due in particolare stanno emergendo come essenziali: il primo è che tutte le maggiori economie devono adottare una serie di iniziative forti a livello nazionale e avere la ferma volontà di tradurle in pratica – come si legge oggi in un suo intervento sull’ International Herald Tribune – il secondo è la necessità di accordarsi su un sistema che consenta una piena trasparenza e garantisca l’effettiva applicazione delle iniziative nazionali”.
Il ministro britannico per l’Energia e per il Clima Ed Miliband, commenta laconico che: “E’ possibile che non si raggiunga un accordo di sostanza. C’è un’elevata possibilità che si fallisca proprio sulla sostanza. Ma almeno proviamoci – e poi ha concluso – Al momento il vero problema è che noi non ci stiamo nemmeno provando”. La dichiarazione è un po’ forte, ma decisamente realistica.
E la più chiara conseguenza di un mancato accordo viene dalla testimonianza di Sheikh Hasina, premier del Bangladesh, che nel suo intervento ha sottolineato l’ineludibilità di un “impegno comune” per fronteggiare quella che è già una vera emergenza. “I profughi causati dai cambiamenti climatici – spiega il premier – aumentano di giorno in giorno. L’innalzamento dei mari e l’aumento delle temperature stanno distruggendo l’habitat dei pesci e la vita dei nostri pescatori. E poi i disastri naturali, l’erosione degli argini e la salinizzazione dei fiumi minacciano milioni di famiglie dedite all’agricoltura”.
Nell’ambito dei paesi in via di sviluppo c’è da considerare la dichiarazione rilasciata da Manmohan Singh, premier dell’India, prima di partire per Copenaghen. Si è augurato per la fase finale del summit una “una riflessione costruttiva”, ma rimarcando come i Paesi industrializzati devono considerare i timori di quelli più poveri su come un accordo potrebbe pesare sulla loro crescita economica. “Il cambiamento climatico – ha concluso Singh – non può essere affrontato perpetuando la povertà dei Paesi in via di sviluppo”.