In Gran Bretagna e in Italia in settore alimentare rappresenta uno dei più inquinanti. Il WWF in collaborazione con il FCRN invita ad adottare pratiche sostenibili che riducano l'impronta industriale ed individuale
(Rinnovabili.it) – Da un’indagine condotta da WWF UK in collaborazione con Food Climate Research Network (FCRN) è emerso che le emissioni derivanti dal settore alimentare rappresentano il 30% dell’impronta nazionale di CO2. Il fattore di maggiore incidenza sembra essere il cambio di destinazione d’uso dei terreni, caratterizzato soprattutto dal fenomeno della deforestazione, causa di un’alta percentuale di emissioni di gas serra: ogni anno vengono distrutti oltre 12mila Km quadrati di foreste, equivalenti a metà della superficie totale dell’Inghilterra, proprio per la necessità di coltivare aree sempre più estese, parte delle quali messe a pascolo.
A seguito dei dati raccolti entrambe le associazioni hanno deciso di lanciare un appello affinchè il sistema alimentare venga modificato e reso meno distruttivo oltre che meno inquinante, arrestando la deforestazione e le emissioni del settore agro-alimentare. A tal proposito il report “Quanto possiamo scendere: una valutazione delle emissioni di gas serra provenienti dal sistema alimentare del Regno Unito per una riduzione entro il 2050” analizza una serie di scenari possibili qualora non si dovesse far nulla per modificare il sistema suggerendo la possibilità di utilizzare energie pulite nella catena produttiva alimentare e razionalizzando i consumi.
In linea con il rispetto degli obiettivi volti al mantenimento dell’aumento della temperatura globale entro i 2 gradi centigradi le emissioni del settore alimentare dovrebbero esse tagliate del 70% entro il 2050, mirando a modificare anche i modelli di consumo dei cittadini.
Mark Discroll, responsabile del programma One Planet Food del WWF UK ha dichiarato: “L’impatto globale della nostra dieta sui cambiamenti climatici è davvero impressionante, il Report lo dimostra. Sembra che il target di taglio delle emissioni del 70% entro il 2050 sia un obiettivo apparentemente impossibile, ma non è così. Dobbiamo smettere di rimuginare su questi temi e avviare il cambiamento – sia in termini di tecnologie sia di abitudini individuali e collettive” ha dichiarato Mark Discroll.
Per quanto riguarda il caso italiano, analizzato dal team guidato dal professor Riccardo Valentini dell’Università della Tuscia e dalla prof.ssa Simona Castaldi della II Università di Napoli, la produzione degli alimenti nella nostra penisola risulta pari al 19% delle emissioni totali di gas serra, pari a 104 milioni di tonnellate di CO2 equivalente di cui il 45% prodotto dalla fase agricola, il 19% dai trasporti necessari per la distribuzione delle merci, il 18% dagli allevamenti e il 13% dal Packaging.
Sono state infine calcolate le emissioni derivanti dal consumo: ogni cittadino emette circa 1778 Kg di CO2 equivalente ogni anno, per questo il WWf ha già da tempo avviato campagne di sensibilizzazione, come ad esempio il “Carrello della Spesa”:https://www.wwf.it/client/ricerca_clima.aspx?rootClima=3920&root=22986&parent=20857&content=1 volte alla sensibilizzazione dei cittadini, oltre che dei produttori.