Secondo una ricerca I-com, il fotovoltaico porterà 22 miliardi di valore aggiunto per l’economia italiana, 45 mila posti di lavoro per i prossimi vent’anni e 6 milioni di tonnellate di CO2 in meno
(Rinnovabili.it) – Si è svolto oggi a Roma “Sole a levante o a ponente?” il Convegno I-com, Istituto per la Competitività, dedicato alle prospettive di sviluppo del settore fotovoltaico in Italia. A chiarire la strategia energetica del Governo Stefano Saglia, sottosegretario allo sviluppo economico con delega all’energia, che intervenendo ha chiarito come essa preveda “un sistema di incentivi stabili che porti a un incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili”. Attraverso una riduzione dei costi e una crescita della filiera italiana sarà possibile ridurre gradualmente gli incentivi che gravano sulla bolletta degli italiani. In particolare bisogna superare il gap competitivo del solare che è particolarmente costoso. Con il nuovo conto energia (presentato insieme alle linee guida alla prossima conferenza unificata Stato – Regioni) prevediamo 8000 megawatt fino al 2020: di questi almeno 100 megawatt proverranno dal solare a concentrazione, come dal filone inventato da Carlo Rubbia”.
A sottolineare il ritardo italiano anche la ricerca condotta da I-com e presentata oggi in cui si indica come il Belpaese nonostante abbia potenzialità maggiori di quasi tutti i principali player a livello mondiale presenti una situazione più arretrata rispetto ad altre Nazioni. Il tema della ricerca è il contributo del solare alla competitività del sistema economico nazionale che, secondo le stime dell’Istituto, avrebbe la potenzialità di generare una nuova occupazione pari a 23.000 unità di lavoro aggiuntive medie annue per la fase di costruzione degli impianti, e 22.000 unità di lavoro per la fase di gestione degli impianti, una volta che questi entrino in esercizio.
In base all’analisi quantitativa effettuata da I-com con una potenza installata pari a 9 GW di impianti fotovoltaici nel 2020 la spesa per la realizzazione e la gestione dei nuovi impianti potrebbe arrivare fino a 29 miliardi di euro, con un impatto complessivo sul sistema economico di circa 65 miliardi di euro e un valore aggiunto pari a 22 miliardi di euro. “In questo modo, il settore potrebbe che ha la potenzialità di generare una nuova occupazione pari a 23.000 unità di lavoro aggiuntive medie annue per la fase di cantiere, cioè di costruzione degli impianti, e 22.000 unità di lavoro per la fase di gestione degli impianti, una volta che questi entrino in esercizio”. Nel rivedere il sistema che entrerà in vigore nel 2011 per l’Istituto evidenzia l’importanza d’analizzare le conseguenze della crisi dei mercati finanziari, e in particolare del credito, sul settore fotovoltaico tra i parametri applicati dalle banche per considerare finanziabile un progetto sono divenuti più stringenti e la criticità del sistema di rilascio delle autorizzazioni. “Andrebbe, inoltre, semplificata e armonizzata l’architettura degli incentivi. Interessante appare essere il modello francese (ma anche altri Paesi sembrano convergere verso questa impostazione) che, nel regime in vigore alla fine del 2009, prevedeva differenziazioni della tariffa non in base alla classe dimensionale ma solo in base all’integrazione. Se infatti sembrano esserci validi elementi a favore dell’integrazione architettonica degli impianti, non sembra sussistere un’altrettanto valida giustificazione a supporto di una maggiore incentivazione degli impianti più piccoli rispetto a quelli più grandi, che sono peraltro sottoposti a misure di valutazione molto maggiore e sono decisivi per raggiungere i target UE al 2020”.