Le sanzioni Usa hanno solo accelerato un processo che per l'Iran rappresentava già da tempo un grave problema, quello della scarsità delle risorse idriche. Agricoltura e industria energetica si contendono ora le riserve d'acqua, con un governo che non sembra trovare un accordo rispetto ai futuri piani di sviluppo per il paese.
Un’indagine di Reuters mette in luce la sfida cruciale che l’Iran deve affrontare: l’approvvigionamento idrico
(Rinnovabili.it) – L’Iran è notoriamente una nazione ricca di petrolio e gas, ansiosa di espandere la propria industria energetica anche per poter eludere più facilmente le sanzioni imposte dagli Stati Uniti. Tuttavia, almeno una dozzina di progetti iraniani di impianti petrolchimici, di raffinerie, di fertilizzanti – progetti con una capacità combinata di oltre 5 milioni di tonnellate all’anno di prodotti – sembra siano stati pesantemente ritardati a causa di seri problemi di approvvigionamento idrico.
La valutazione, prodotta e pubblicata da Reuters, è stata svolta sulla base dei comunicati stampa del governo iraniano, dei commenti dei responsabili di progetto e di alcuni documenti pubblicati da imprese e società che hanno il ruolo di principali azionisti nei piani di espansione dell’industria energetica dell’Iran. In quest’ultimo caso, però, solo due società hanno confermato quanto e come la carenza di acqua rappresenti un grosso problema per il paese.
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“Molti di questi progetti sono stati proposti da legislatori che cercavano di creare posti di lavoro nei loro collegi elettorali. Purtroppo, gli studi tecnici sono stati ampiamente ignorati”, ha dichiarato a Reuters Reza Banimahd, un uomo d’affari di Teheran che per anni ha lavorato nel campo della raffineria.
Soprattutto per quanto concerne questo settore, infatti, la carenza idrica rappresenta una delle sfide cruciali. Le raffinerie di petrolio necessitano principalmente di acqua per il raffreddamento e la produzione e ogni singolo gallone di benzina ne richiede 0,61-0,71 litri. Ma deviare le scorte previste per l’attività agricola comporterebbe, d’altro canto, dei considerevoli rischi politici per il governo iraniano. L’esaurimento delle riserve idriche, ad esempio, ha scatenato disordini fra gli agricoltori nel corso del 2018, anche perché le precipitazioni nel paese l’anno scorso sono scese del 25% al di sotto della media annuale.
L’agricoltura rappresenta circa il 90% del consumo di acqua in Iran, mentre l’industria ne utilizza il 10%. Ma ogni domanda aggiuntiva mette a dura prova le riserve di esaurimento del paese. I dati delle Nazioni Unite indicano, ad esempio, che l’Iran utilizza 3,8 miliardi di metri cubi di acqua all’anno in più rispetto all’acqua di cui riesce ad approvvigionarsi, portando così al rapido esaurimento delle falde freatiche.
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Il rischio politico, inoltre, non riguarda solo le possibili reazioni della società civile. Infatti, come ha dichiarato a Reuters Kaveh Madani, ex vicepresidente iraniano per l’Ambiente e ora professore presso l’Imperial College di Londra, “c’è un problema di coordinamento tra i ministeri rispetto ai piani di sviluppo”, aggiungendo che, in un primo momento, le sanzioni Usa avevano spinto il governo dell’Iran a dare priorità ai temi dell’ambiente.
Tra i progetti che hanno subito un blocco o un rallentamento, Reuters individua gli stabilimenti petrolchimici di Firouzabad, Khorasan, Kermanshah, Golestan, Koohdasht, Dena, Shazand e Khomein, le raffinerie di Shiraz, Isfahan e Abadan.