Periodicamente, il governo di Lubiana torna a parlare di un potenziamento della centrale nucleare di Krkso per rispondere alla richiesta di elettricità del paese. Tuttavia, l'area in cui sorge la centrale si trova a 1,5 km dalla faglia di Libna e gli stress test dell'impianto non rassicurano sul rischio sismico.
Il premier sloveno vuole ingrandire l’impianto di Krsko, ma i geologi mettono in guardia dal rischio sismico
(Rinnovabili.it) – Il governo di Lubiana torna a parlare della possibilità di ingrandire la centrale nucleare di Krsko, realizzando un secondo reattore. Già ad agosto, il premier Sarec aveva dichiarato che, a fronte della maggiore richiesta di elettricità del paese, il governo avrebbe fatto il possibile per portare a termine il progetto. Tuttavia, insieme all’idea di espandere Krsko, tornano anche i vecchi timori legati al rischio sismico della regione.
Anche in questa occasione, le autorità slovene hanno assicurato che la centrale è fra le più sicure in Europa, al punto che i tecnici di Krsko hanno dichiarato all’Ansa che la struttura è perfettamente in grado di resistere anche ai terremoti più forti. “La centrale nucleare di Krsko si trova in un’area di intensità sismica attesa pari a VIII sulla scala EMS (ndr Scala Macrosismica Europea), ma è progettata e costruita in modo tale da poter operare in sicurezza durante un terremoto con un’intensità anche molto più elevata”, spiegano dalla centrale. Inoltre, le autorità affermano che l’impianto è soggetto ad un aggiornamento delle caratteristiche di sicurezza, che entro il 2021 porterà ad un potenziamento della resistenza antisismica. Per quanto riguarda la potenziale costruzione di un secondo reattore, per ora la Slovenian Nuclear Safey Administration dichiara di non essere stata coinvolta in nessun piano operativo, mancando ancora tutte le licenze correlate.
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Tuttavia, nonostante gli esperti della centrale siano certi di aver superato le criticità che erano emerse nel 2011 durante uno stress test, secondo i due geologi Kurt Decker e Livio Sirovich le condizioni di Krsko rimangono ancora critiche, specie in vista della realizzazione di un ingrandimento dell’impianto. In un’intervista all’Ansa, entrambi gli studiosi hanno infatti palesato i propri timori sulla possibilità di un secondo reattore nello stesso sito. “Tra tutte le centrali nucleari europee, Krsko è quella con la più alta sismicità e il più elevato grado di rischio sismico”, afferma Decker, “poiché è localizzata nel mezzo delle placche adriatica e pannonica”. Decker, geologo austriaco dell’Università di Vienna con esperienze presso l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), dichiara che “l’attuale stima di rischio da parte dei tecnici della centrale non tiene conto delle scoperte di nuove faglie attive”, riferendosi in particolare alla cosiddetta faglia di Libna, identificata a 1,5 km dalla centrale.
Sulla stessa linea anche l’italiano Sirovich. “Secondo le nostre conoscenze e in base alla recente storia sismica e tettonica del sito, il più forte sisma che potrebbe avvenire in un raggio di 20 km da Krsko potrebbe avere una magnitudo di circa 7”. In più, secondo il geologo, la centrale potrebbe subire una peak ground acceleration (Pga, l’accelerazione del suolo indotta da un sisma) superiore a quella considerata ai tempi della costruzione. A detta di Sirovich, la centrale fu costruita per sostenere un’accelerazione di 0.3g, per poi essere potenziata in termini di sicurezza fino a resistere ad accelerazioni di 0.6g. Tuttavia, gli stress test hanno stabilito che terremoti con accelerazione superiore a 0.8g possono provocare gravi danni al reattore.
Entrambi i geologi ritengono dunque che un secondo reattore non dovrebbe essere realizzato. “La stessa opinione è stata fornita dai francesi dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) in una lettera ufficiale inviata al direttore generale dell’impresa pubblica slovena GEN Energija nel 2013”, sottolinea Sirovich.
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Intanto, le dichiarazioni del premier sloveno avevano già ad agosto provocato reazioni molto critiche da parte delle vicine Austria ed Italia, dove gruppi ambientalisti e politici locali si erano fermamente opposti al progetto. In particolare, Debora Serracchiani, ex presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, aveva dichiarato ad una testata locale che le affermazioni di Marjan Sarec destavano stupore e preoccupazione, sottolineando come la comunità friulana percepisca da sempre la centrale di Krsko come un rischio immanente.