Il collettivo Stop Global Warming ha presentato una proposta per fissare un prezzo minimo di 40 euro sulle emissioni di carbonio e per estendere il sistema fiscale a tutti i settori produttivi.
La tassa sul carbonio servirebbe a favorire il ricorso alle rinnovabili e potrebbe alleggerire il cuneo fiscale per la transizione energetica
(Rinnovabili.it) – La Commissione europea ha registrato ufficialmente una petizione per richiedere l’introduzione di una tassa sul carbonio estesa a tutti i settori produttivi che impiegano energie fossili ed emettono CO2 nell’eurozona: la proposta è stata avanzata dal collettivo Stop Global Warming e se dovesse raggiungere almeno 1 milione di sottoscrizioni provenienti da 7 diversi Paesi Ue entro 1 anno costringerà la Commissione a prendere in esame il problema.
Attualmente l’Ue a 28 dispone di un sistema di tassazione del carbonio, il cosiddetto Emission Trading System (ETS), che impone a circa 11 mila imprese ad alta intensità di consumi energetici di acquistare permessi d’inquinamento corrispondenti a un volume via via ridotto di emissioni consentite. Il prezzo medio di tali concessioni si aggira intorno ai 20 euro per tonnellata di CO2 emessa, mentre le emissioni sottoposte a regime di tassazioni sono circa il 45% del totale. Restano esclusi dall’ETS alcuni dei settori industriali più inquinanti come quello dei trasporti (che da solo rappresenta circa il 20% delle emissioni europee) e il comparto agricolo.
“La proposta introduce un prezzo minimo sulle emissioni di CO2, a partire da 40 euro per tonnellata di CO2 a partire dal 2020, per arrivare a 100 euro entro il 2030. Allo stesso tempo, essa deve abolire l’attuale sistema d’indennità gratuite per gli inquinatori dell’UE e introdurre un meccanismo di adeguamento alle frontiere per le importazioni da paesi terzi, in modo da compensare i prezzi più bassi sulle emissioni di CO2 nel paese esportatore – si legge nel testo della petizione – Le maggiori entrate derivanti dal prezzo del carbonio saranno destinate alle politiche europee per il risparmio energetico e per l’uso di fonti rinnovabili e permetteranno di ridurre la tassazione dei redditi più bassi”.
Secondo i promotori della petizione, l’introduzione di un sistema di tassazione del carbonio in tutti i settori produttivi avrà il duplice effetto di ridurre le emissioni (e quindi di rimettere l’Ue in linea con gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi) e diminuire il peso fiscale destinato alla transizione energetica che grava attualmente sui salari.
In un report dello scorso settembre, l’OCSE stimava un gap del 76,5% nei prezzi sul carbonio imposti dai 42 Stati membri. Il Governo olandese ha invece presentato a fine giugno un piano per portare la tassazione del carbonio a un minimo di 30 euro per tonnellata entro il 2021 e a un prezzo tra 125 e 150 euro per tonnellata entro il 2030.
Dal 1° gennaio 2019 è entrato definitivamente in vigore in Europa il Market Stability Reserve (Msr), uno strumento che dovrebbe regolare il volume annuo di permessi rilasciati e che punta alla riduzione del 2,1% dei crediti ETS ogni anno.
L’adozione di un sistema di tassazione del carbonio sulla base della petizione presentata da Stop Global Warming (che sarà sottoscrivibile a partire dal 22 luglio) non sarà facile: il meccanismo di modifica delle imposizioni fiscali vigente nell’Ue richiede infatti che le misure siano votate all’unanimità dai 28 Stati membri. Recentemente, il veto posto dai 4 Paesi di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Estonia e Ungheria) all’adozione dell’obiettivo zero emissioni entro il 2050 ha bloccato la proposta sostenuta ufficialmente da 18 Stati membri, tra cui alcune delle maggiori economie del vecchio continente come Germania, Francia e Italia.
Il Commissario europeo per gli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici, ha recentemente paventato l’ipotesi dell’abolizione del meccanismo di voto all’unanimità a favore del voto a maggioranza qualificata per alcuni temi urgenti come appunti quelli correlati al cambiamento climatico. Tuttavia, anche l’eventuale cambio nel sistema di votazione richiederebbe la decisione all’unanimità del Parlamento europeo.
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