Un team di scienziati dell’Istituto antartico cileno (INACH) è in missione in Antartide per setacciare il ghiaccio e arrivare a prevedere dove e quando le piattaforme di ghiaccio potrebbero rompersi in futuro
INACH: “Se calotte glaciali di Groenlandia e Antartide si fondessero completamente, ci dovremmo aspettare un aumento di 10 m del livello del mare”
(Rinnovabili.it) – In un remoto avamposto su King George Island ai margini dell’Antartide, gli scienziati dell’Istituto antartico cileno (INACH) stanno setacciando il ghiaccio per trovare indizi su tutto, dai cambiamenti climatici alle cure per il cancro. La ricerca è veramente ampia e vede alternarsi un team che conta oltre 300 scienziati internazionali, che si alternano per sfidare le aspre temperature del luogo: si studia l’Antartina, una biomolecola che deriva da una pianta originaria della regione e ha mostrato risultati precoci positivi nella riduzione del cancro colonrettale, epatico e gastrico nei topi; si studiano i licheni, che potrebbero trattare l’Alzheimer, gli enzimi per rimuovere il lattosio dal latte e quelli per migliorare le colture di lattuga; ma si indaga anche su cosa causa la disgregazione delle piattaforme di ghiaccio, un fenomeno associato ai cambiamenti climatici.
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Nel 2017 in Antartide, un iceberg, delle dimensioni pari a quelle di Trinidad e Tobago insieme, ha rotto una parete di ghiaccio, suscitando un allarme diffuso, timori di incidenti marittimi e di un ulteriore innalzamento del livello del mare. Come spiegato dal capo squadra, il glaciologo neozelandese Shelley MacDonell, ci sono diverse teorie sui cambiamenti delle temperature del mare che erodono le piattaforme e altre che hanno a che fare con il comportamento dell’acqua e il suo drenaggio, ma quello che vuole riuscire a fare il team cileno è arrivare al punto di essere in grado di prevedere dove e quando le piattaforme di ghiaccio potrebbero rompersi in futuro. La speranza degli scienziati è quella di dare un contributo alla mappatura del continente antartico nei decenni a venire, per consentire alle nazioni insulari e costiere di fare i conti con un eventuale innalzamento del livello del mare.
Pur essendo vero che gli iceberg per natura tendono a spaccarsi, è altrettanto vero che negli ultimi anni questo processo è diventato più frequente e istantaneo. Secondo uno studio pubblicato a gennaio, la perdita di ghiaccio proveniente dal “continente bianco” è salita a un valore netto annuo di 252.000 milioni di tonnellate tra il 2009 e il 2017, da una media di 40.000 milioni di tonnellate tra il 1979 e il 1990. Gli scienziati credono che la penisola antartica sia una delle aree più colpite dallo scioglimento dei ghiacci perché maggiormente esposta, rispetto ad altre, all’oceano, e nel lungo termine aumenterà la tendenza al riscaldamento e al crollo di queste piattaforme. Se le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide si fondessero completamente, secondo i dati dell’INACH, ci dovremmo aspettare un aumento di 10 metri del livello del mare, che andrebbe a inondare i Paesi Bassi e le regioni insulari.
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MacDonell e il suo team hanno intrapreso un lungo viaggio in aereo, in barca, in elicottero e sugli sci per raggiungere un campo sulla ghiacciaia di Müller, che alla fine dell’anno scorso ha perso un iceberg di 1,6 km, e iniziare il campionamento estraendo carote di ghiaccio, che consentiranno loro di indagare indietro nel tempo. Le carote di ghiaccio saranno quindi trasportate in laboratori specializzati nel Cile centrale per essere analizzate.