Per la prima volta la Commissione europea riconosce, in un atto delegato, che le coltivazioni di palma da olio causano una significativa deforestazione. Si salvano però le piccole piantagioni indipendenti
Il biodiesel prodotto dall’olio di palma potrà essere conteggiato nei target rinnovabili solo se la materia prima arriva da piccoli lotti di terra
(Rinnovabili.it) – Creata la legge, trovato l’inganno. Un proverbio che calza a pennello alle nuove disposizioni europee sul biodiesel da olio di palma. In una prima volta storica, la notte dell’8 febbraio la Commissione europea ha riconosciuto, nella bozza di un atto delegato, il legame fra coltivazioni di palma e deforestazione. Dopo anni di discussioni sul tema, l’esecutivo UE ha stabilito che il biodiesel prodotto da questa pianta non potrà conteggiato all’interno dei nuovi obiettivi di carburante verde della direttiva sulle rinnovabili RED II. O meglio, non potrà essere conteggiato nel caso in cui la materia prima arrivi da grandi piantagioni. Nessun impedimento invece per i piccoli lotti di terra indipendenti (meno di 5 ettari) o per l’olio di palma prodotto su terreni “inutilizzati”.
In altre parole, l’atto lascia la porta aperta all’industria dell’olio di palma attraverso piccole ma significative postille i cui effetti potrebbero tuttavia essere tutt’altro che contenuti. Come spiega la Federazione europea delle organizzazioni non governative per i trasporti verdi, i trasporti e l’ambiente (T & E), la scelta di salvare alcune coltivazioni potrebbe significare per l’Europa mantenere esattamente la stessa quantità di olio di palma impiegata oggi nel diesel.
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T&E sottolinea, infatti, come le dimensioni di una piantagione non abbiano alcuna relazione con il rischio di deforestazione o con i cambiamenti nell’uso del suolo. Basti pensare, ad esempio che i piccoli lotti di terra, coltivati da lavoratori che vendono a un unico grande mulino controllato dalle corporazioni, rappresentano esattamente il modello di business più diffuso in Malesia, il principale paese produttore insieme all’Indonesia. Anche la clausola della terra inutilizzata potrebbe essere sinonimo di pratiche insostenibili, soprattutto se le future aree riconvertite a piantagioni dovessero essere zone attualmente utilizzate dalle comunità locali per l’auto-sostentamento o ospitare importanti servizi ecosistemici.
Laura Buffet, di T & E, spiega: “La Commissione invia un segnale importante stabilendo che il diesel da olio di palma non è sostenibile. Ma con una mano dà ciò che toglie con l’altra. Non è possibile etichettarlo come insostenibile e poi aprire una scappatoia grande quanto i livelli attuali di consumo e pensare che la gente non se ne accorga. Questa decisione è arbitraria, interrompe il mandato che la Commissione aveva ottenuto dai ministri e dal Parlamento europeo e ignora il massiccio sostegno pubblico alla messa al bando del diesel da olio di palma”.
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La Commissione europea ha aperto una consultazione pubblica per raccogliere contributi sul tema prima dell’adozione dell’atto finale. La coalizione internazionale delle ONG #NotInMyTank solleciterà i cittadini interessati a prendere parte alla consultazione per colmare le attuali lacune nella bozza di testo. Una volta che la Commissione avrà adottato l’atto, gli Stati membri e il Parlamento dell’UE hanno due mesi per approvarlo o porre il veto ma senza alcun potere di modificare la norma.