(Rinnovabili.it) – Si è conclusa a Katowice, tra rassegnazione e modesti risultati, la COP 24.
In effetti fin dalla vigilia nulla faceva presagire risultati positivi, partendo dagli interessi dei padroni di casa, fortemente legati al carbone, e dalla singolare presa di distanza dal documento scientifico della IPCC di un inedito quartetto “anticlima” composto da USA, RUSSIA, Arabia Saudita e Kuwait.
Ma se è vero che le possibilità di vincere la sfida con i cambiamenti climatici sono sempre più ristrette, è anche vero che il motore di questa difficilissima transizione è, e non potrebbe essere diversamente, l’ottimismo. Dobbiamo credere che esistano ancora margini di manovra per raggiungere i risultati minimi che la comunità scientifica mondiale ha identificato come “soglia di qualità della vita” e continuare quindi a vedere il bicchiere mezzo pieno. In questo senso la COP 24 poteva anche avere, e in più momenti questo pericolo è apparso evidente, degli esiti disastrosi: una frattura irreparabile con gli obiettivi di Parigi. Ma questo non è stato. Anzi si è cercato, con non poca fatica, di redigere il “libro delle regole”, cioè il documento tecnico contenente le indicazioni per tutti i Paesi su come raggiungere, concretamente, gli obiettivi posti dagli accordi di Parigi. Da parte di alcuni Paesi si è anche ventilata la possibilità di rilanciare Parigi, con target più virtuosi, ma in questo senso nessun risultato concreto è stato ratificato nel documento finale.
Ma se da una parte dobbiamo segnalare la “tenuta” dell’accordo di Parigi, dall’altra è inevitabile registrare un netto e diffuso arretramento della politica mondiale sulle questioni del clima. La contraddizione più grande è che indiscutibilmente sul nostro Pianeta esistono le tecnologie e le risorse economiche per gestire una transizione globale che contrasti i cambiamenti climatici, ma questo perdurare della miopia politica e dei suoi egoismi locali, ci porta a perdere l’elemento, a questo punto, vitale per il cambiamento: il tempo. E di tempo, come continua a dichiarare compatta la comunità scientifica mondiale, ne abbiamo davvero poco.
Chissà che non sia proprio l’Italia, che ha chiesto di ospitare la più importante e decisiva COP nel 2020, a giocare un ruolo determinante in questa corsa contro il tempo.