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Grattacieli lillipuziani in “grafene bianco” per stoccare l’idrogeno

Immagazzinare l’idrogeno è tutta una questione di geometria alla Rice University. I supercomputer aiutano a modellare i migliori sistemi a base di azoto e boro

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Nuova chance per il grafene bianco nei sistemi per stoccare l’idrogeno

(Rinnovabili.it) Immaginate una minuscola città costituita da piccolissimi grattacieli bianchi e abitata solo da molecole d’idrogeno. Si presenta così il nuovo sistema di accumulo del vettore energetico realizzato dagli ingegneri della Rice University, in Texas. Gli scienziati cercavano un nuovo modo per stoccare l’idrogeno che fosse efficiente e sicuro al tempo stesso. “Volevamo creare un materiale in grado di assorbire e contenere una grande quantità di idrogeno – sia in termini di volume che di peso – e che potesse rilasciarlo rapidamente e facilmente quando necessario”, spiega Rouzbeh Shahsavari, uno degli autori dello studio.

 

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Gli svantaggi principali legati all’utilizzo di questo vettore energetico riguardano essenzialmente la trasportabilità, lo stoccaggio e la sicurezza. Mentre è possibile immagazzinare grandi volumi di gas in sistemi sotterranei ad alta pressione o serbatoi appositamente progettati, i dispositivi di storage su piccola scala rimangono un problema. Problema che mesi di calcoli, su due dei supercomputer più veloci della Rice, dovrebbero tuttavia aver risolto.

 

Il team è riuscito a calcolare quale sia l’architettura ottimale per stoccare l’idrogeno nei nuovi nanomateriali oggi in fase di studio: una sorta di grattacielo lillipuziano con colonne realizzate in nitruro di boro esagonale e piani costituiti da quello che in gergo viene chiamato grafene bianco. Quest’ultimo composto è in realtà un foglio unidimensionale che mescola azoto e boro; l’appellativo grafene bianco deriva dal fatto che gli atomi di boro e azoto sono distanziati esattamente come quelli di carbonio negli strati di grafene.

 

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“La scelta del materiale è importante. Il nitruro di boro ha dimostrato di essere il migliore in termini di assorbimento dell’idrogeno rispetto al grafene puro, ai nanotubi di carbonio o agi materiali ibridi. Ma anche la spaziatura e la disposizione dei ‘fogli e delle colonne’ è fondamentale”, aggiunge il ricercatore “Così abbiamo deciso di indagare tutte le possibili geometrie per capire quale potesse funzionare meglio”. Shahsavari sostiene che i modelli realizzati potrebbero contenere l’8 per cento in peso di idrogeno. Ovviamente sono necessari altri esperimenti fisici per verificare tale capacità, ma l’obiettivo finale del DOE, che finanzia la ricerca, è raggiungere un 7,5 per cento in peso per le tecnologie di storage, e gli studi teorici del team mostrano che con piccole aggiunte di litio la loro struttura potrebbe alzare di molto tale percentuale.