La Casa Bianca ha deciso di imporre tariffe di salvaguardia del 30 per cento sulle importazioni di celle e pannelli solari negli Stati Uniti
La guerra commerciale USA-Cina inizia con i dazi sul fotovoltaico?
(Rinnovabili.it) – Sì all’applicazione di dazi sul fotovoltaico estero. L’amministrazione Trump ha rivelato lunedì sera l’attesa determinazione sul caso commerciale della Sezione 201, presentato nella primavera 2017 da Suniva e SolarWorld Americas. La decisione della Casa Bianca fa seguito all’indagine della International Trade Commission (ITC), l’ente incaricato di determinare l’esistenza o meno di uno svantaggio commerciale per l’industria USA. L’inchiesta si era conclusa nell’autunno dello scorso anno con un verdetto secco: l’aumento dell’import di celle e pannelli solari stranieri (ma si parla essenzialmente di produttori cinesi che dominano ormai da tempo il mercato globale) starebbe danneggiano seriamente l’industria solare americana. Come è successo in passato anche in Europa, il solare made in China ha causato un rapido calo nei prezzi dei pannelli solari: oltre il -30% solo dall’inizio del 2016.
A novembre l’ITC aveva quindi consegnato al presidente Donald Trump un rapporto contenente una serie di raccomandazioni che accoglievano, tuttavia, solo parzialmente le richieste di Sunvia e SolarWorld Americas. Ora, in anticipo sulla deadline concessa, il rappresentante per il Commercio Usa, Robert Lighthizer ha reso noto la decisione finale: saranno applicate tariffe di salvaguardia sull’import di celle e pannelli per i prossimi quattro anni, partendo da un 30% per poi scendere del 5% in ciascuno dei tre anni successivi. I primi 2,5 GW di import fotovoltaico annuale sarà tuttavia esentato dalle nuove tariffe.
“L’azione del presidente – ha dichiarato Lighthizer – conferma, ancora una volta, che l’amministrazione difenderà sempre i lavoratori americani”. Ma di tutt’altro parere è l’Associazione dell’Industria per l’Energia Solare americana SEIA, che rappresenta gli sviluppatori di impianti USA. Secondo l’ente, la misura costerà agli Stati Uniti la perdita di 23.000 posti di lavoro, mandando in fumo miliardi di dollari di investimenti.
Lo scontro solare tra Washington e Pechino ha radici profonde
La Casa Bianca ha anche annunciato la volontà di aprire dei negoziati diretti con il gigante asiatico, mettendo da un lato del tavolo dazi antidumping e antisovvenzioni sui prodotti solari cinesi e dall’altro le tasse imposte al polisilicio statunitense da Pechino. La riposta della Repubblica Popolare non si è fatta attendere. Wang Hejun, a capo dell’Ufficio inchieste commerciali del ministero del Commercio cinese, ha espresso “forte disappunto” contro la decisione USA definendola “un abuso dei rimedi commerciali”.
In realtà, la guerra solare tra USA e Cina aveva già messo radici nell’epoca Obama, anni dei primi appelli dell’industria stelle e strisce e delle prime misure protezionistiche. È per la precisione dal 2012 che Washington ha imposto specifiche tariffe sui prodotti solari “Made in China”. Dal canto suo, la Cina ha risposto con politiche nazionali che favorissero l’abbandono del silicio policristallino statunitense (Leggi anche Fotovoltaico: la Cina guida il passaggio al silicio monocristallino). Era facile dunque che fosse proprio il settore fotovoltaico, tra i meno a cuore a Trump, ad essere utilizzato come provocazione nei confronti di Pechino.
La decisione di oggi, a cui si accompagna una misura simile nei confronti delle lavatrici importate, potrebbe a breve essere seguita da nuove restrizioni all’import di acciaio e alluminio per “motivi di sicurezza nazionale” e da tariffe o altre sanzioni contro la Cina per le sue pratiche sulla proprietà intellettuale. Ma per molti esperti è presto per parlare di guerra commerciale dal momento che esistono già oltre 150 altre misure commerciali statunitensi in vigore contro vari prodotti cinesi.