L'accordo di Parigi potrebbe non bastare a fermare l'acidificazione degli oceani. Servono misure per la rimozione della CO2 dall'atmosfera
Piani climatici inadatti a fermare l’acidificazione degli oceani
(Rinnovabili.it) – Un nuovo pericolo affligge le acque marine, già depredate dalla pesca intensiva, inquinate da sostanze chimiche, zone morte e isole di plastica. Si chiama eccesso di anidride carbonica, la causa di quel fenomeno noto come acidificazione degli oceani. Un fenomeno ancora troppo sottovalutato dai leader globali, che tuttavia sta vivendo una rapida avanzata in tutto il mondo e in combinazione con le altre minacce alla vita marina si sta dimostrando letale. Anche gli organismi che potrebbero resistere all’acidificazione, infatti, rischiano di perdere questa capacità di adattamento perché indeboliti dall’inquinamento delle materie plastiche e dallo stress causato dal riscaldamento globale.
Queste conclusioni nefaste hanno fatto il giro del mondo, perché contenute in una nuova ricerca durata otto anni sugli effetti dei fenomeni di acidificazione delle acque marine. Ci ha lavorato una rete di ricercatori tedeschi che ha preso il nome di Bioacid, sostenuta da fondi governativi. La ricerca, che ha coinvolto più di 250 persone specializzate nello studio degli impatti del riscaldamento globale sulla vita marina, sottolinea che l’accordo di Parigi potrebbe essere insufficiente ad impedire un’ulteriore acidificazione degli oceani.
>> Leggi anche: Gli oceani mostrano già le cicatrici del cambiamento climatico <<
Il fenomeno, ennesimo effetto dell’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera, ha luogo in seguito al contatto tra questo gas serra e l’acqua di mare, formando acido carbonico debole. Dalla rivoluzione industriale ad oggi il pH medio dell’oceano è sceso da 8,2 a 8,1, che può sembrare uno scherzo ma in realtà corrisponde ad un aumento dell’acidità di circa il 26%.
Ridurre le emissioni ha sicuramente il beneficio di rallentare il processo, ma esso non si fermerà finché non si metteranno in campo misure per sottrarre CO2 all’atmosfera. E questo include la riforestazione e la miglior gestione dei suoli, restando in tema di pratiche sostenibili, ma potrebbe implicare anche la geoingegneria.
Le specie marine a rischio estinzione con l’acidificazione degli oceani sono soprattutto crostacei e altri animali che vivono in rifugi composti da carbonato di calcio, fosfato di calcio e sostanze organiche che costruiscono intorno a sé. Un pH più acido impedisce la formazione di questi “gusci” protettivi, riducendo le loro possibilità di sopravvivenza già nelle prime fasi della vita.