Il Genio militare statunitense non ha rispettato i diritti dei popoli nativi nella valutazione ambientale del DAPL, il maxi oleodotto da 3.8 miliardi osteggiato dai Sioux e dagli ambientalisti
Si riaccende una speranza nel movimento No DAPL
(Rinnovabili.it) – Si chiamava James Boasberg l’ultima spiaggia del movimento No DAPL, che tenta in ogni modo di fermare la costruzione dell’immenso oleodotto Dakota Access Pipeline. Boasberg è un giudice federale del distretto di Columbia, che ieri ha emesso una sentenza di 91 pagine in cui chiede alla US Army Corps of Engineers di riconsiderare la sua analisi ambientale sul tratto del grande tubo sotto il fiume Missouri. A detta del giudice, non sarebbe stato considerato adeguatamente l’impatto di una fuoriuscita di petrolio in quella zona. Violati perciò i diritti di pesca e caccia dei Sioux di Standing Rock, nonché la giustizia ambientale.
Sebbene le operazioni dell’azienda costruttrice, la Energy Transfer Partners LP, non siano state bloccate, la sentenza si riserva di farlo in un secondo momento. Una bella spada di Damocle sulla maxi opera da 3,8 miliardi di dollari, entrata in funzione nel mese di maggio. Mercoledì prossimo, le parti si incontreranno nuovamente davanti al giudice, per definire i prossimi passi.
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Per ora, gli esperti del genio militare americano dovranno riscrivere la valutazione ambientale relativamente a quel tratto di oleodotto che passa sotto il lago Oahe, lungo il tratto del Missouri nel Dakota meridionale. Una volta risolte le omissioni denunciate dal giudice, dovrà ripresentare il documento al tribunale. I nativi, dal canto loro, continuano a chiedere uno stop immediato al DAPL, che comprometterebbe la loro principale fonte di acqua.
Il DAPL è una diagonale di 1900 km circa, che taglia quattro Stati USA partendo dai campi di shale oil di Bakken (Nord Dakota) e sboccando nell’area industriale vicino a Patoka, Illinois. Dopo una lunga battaglia legale e una resistenza condotta sui cantieri da popolazioni native e movimenti ambientalisti, c’è stata una svolta lo scorso febbraio con l’ordine esecutivo del nuovo presidente Donald Trump, che ha dato il via libera al progetto, respingendo tutte le obiezioni. Ma il ricorso in tribunale ha dato torto all’esercito e alla Casa Bianca, riaccendendo una fiaccola di speranza nel movimento No DAPL.