La Corte europea di Giustizia ha condannato lo stato per aver violato la direttiva Habitat patteggiando in un caso ISDS promosso da Vattenfall per non modernizzare una centrale a carbone
(Rinnovabili.it) – Dopo otto anni, una sentenza della Corte europea di Giustizia stabilisce che la centrale a carbone di Moorburg, costruita sulle sponde del fiume Elba dentro la città di Amburgo, è stata autorizzata con procedure illegittime, in violazione della direttiva Habitat. Sembra un verdetto come altri, ma farà scuola, perché la valutazione di impatto ambientale da parte delle autorità tedesche è stata volutamente ammorbidita per paura di dover risarcire la Vattenfall, compagnia energetica svedese ricorsa all’arbitrato internazionale (ISDS) come strumento intimidatorio per evitare gli ammodernamenti richiesti.
In un momento nel quale l’Unione Europea deve difendersi dal fuoco di fila della società civile, contraria all’inclusione di meccanismi ISDS negli accordi commerciali, la sentenza della Corte di Giustizia sembra dare ragione a chi sottolinea il conflitto tra arbitrato internazionale normative comunitarie.
>> Leggi anche: ISDS, l’arma delle multinazionali contro l’ambiente <<
La centrale a carbone di Moorburg è un impianto da 1635 MW che sorge all’interno del porto di Amburgo, sulla riva sud del tratto meridionale del fiume Elba e intercetta la rotta migratoria di alcune specie di pesci tutelati dall’allegato II della direttiva Habitat: la lampreda di fiume, la lampreda di mare e il salmone. Questa rotta è strettamente legata alla floridità delle aree Natura 2000 situate a monte della diga Geesthacht. Tali zone sono situate nei Länder confinanti fino a una distanza di circa 600 km dall’impianto.
Per raffreddare la centrale, Vattenfall risucchia grandi quantità d’acqua dal fiume. Tuttavia, l’operazione causa la morte e il ferimento di numerose specie di pesci, tra cui quelli protetti dalla direttiva comunitaria. È servita a poco la costruzione di un canale per il passaggio della fauna acquatica: la Corte europea ha stabilito che è una misura insufficiente, condannando la Germania a prendere tutte le misure necessarie per rientrare nella legalità. Vattenfall dovrà dunque utilizzare la torre di raffreddamento ibrida, costruita ma quasi mai utilizzata a causa degli alti costi. Il sistema ibrido, infatti, richiede maggiore apporto di energia e riduce l’efficienza dell’impianto.
>> Leggi anche: Italia fuori dalla Carta dell’Energia. Ecco i veri perché <<
Ecco perché l’impresa ha spinto con tutte le sue forze per poter usare l’acqua dell’Elba, in barba alle normative ambientali. E le autorità di Amburgo, inizialmente contrarie, sono state ridotte a più miti consigli con l’avvio di un arbitrato internazionale. Il trattato sulla carta dell’Energia, infatti, accordo multilaterale sugli investimenti che coinvolge una cinquantina di paesi, contiene una clausola ISDS (Investment to State Dispute Settlement) che offre alle imprese la possibilità di denunciare gli stati che minacciano i loro profitti con leggi sgradite. Nella maggior parte dei casi, i tre arbitri che gestiscono le cause in questi opachi tribunali danno ragione alle imprese, approvando richieste di compensazioni multimilionarie che ricadono sui contribuenti. La richiesta della Vattenfall, decisa ad utilizzare l’acqua del fiume per raffreddare la sua centrale, era di 1.4 miliardi di dollari.
Per evitare una multa troppo salata per il suo bilancio, la città di Amburgo – su cui lo stato tedesco avrebbe scaricato l’onere finanziario – aveva deciso di dare il via libera all’impianto patteggiando nel 2011. Ma ora la Corte europea mette la parola fine a questa vicenda travagliata, mostrando che l’impianto non può violare le direttive comunitarie con l’avallo di un tribunale parallelo, più volte colto in conflitto di interessi.