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L’alta finanza scopre il cambiamento climatico e lo teme

I 500 più grandi proprietari di asset al mondo sono consapevoli dei rischi del cambiamento climatico. Ma pochi di loro si stanno attrezzando

cambiamento climatico

 

(Rinnovabili.it) –  Il rischio del cambiamento climatico è percepito anche negli ambienti dell’alta finanza. Per la prima volta, i più potenti investitori globali dichiarano di considerare gli effetti del riscaldamento globale nelle loro valutazioni. Tuttavia, mancano ancora misure efficaci per la gestione di un rischio sì percepito, ma con cui molti non vogliono aver a che fare tanto presto.

È quanto emerge dalla classifica di Asset Owner Disclosure Project (AODP), un indice che si occupa di evidenziare come i grandi investitori valutano e gestiscono il rischio climatico. Nel suo lancio di ieri, l’AODP ha mostrato come i primi 500 asset owners del mondo e i primi 50 asset manager approccino ai rischi finanziari connessi all’aumento delle temperature.

I parametri presi in considerazione per proprietari e gestori degli asset sono stati diversi: governance e strategia, gestione del rischio carbonico del porfolio, indicatori e obiettivi. Il rating ha diviso la lista in leader (A-AAA), sfidanti (B-BBB), studenti (C-CCC), spettatori (D- DDD) e ritardatari (X).

 

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Il 40% dei proprietari di asset e il 6% dei gestori ha ricevuto la X del ritardatario, collezionando punteggio zero per le misure di gestione e divulgazione dei rischi climatici. I ritardatari, comunque, sono in calo. I 500 proprietari di asset ora sono divisi in 34 leader, 34 sfidanti, 44 studenti e 187 spettatori, con una crescita in tutte le categorie nell’ultimo anno a rispetto delle X, scese da 246 a 201.

I paesi più virtuosi sono tutti concentrati in Europa e Oceania, mentre la media del rating in Asia è D- DDD.

Secondo il rapporto dell’AODP, quasi un proprietario di asset su cinque possiede uno staff dedicato a lavorare sull’integrazione del rischio climatico negli investimenti, mentre due su cinque (il 42%) integrano il cambiamento climatico nei propri quadri politici e il 13% ora calcola le emissioni del suo portfolio di asset.

Tuttavia soltanto il 6% utilizza un sistema di valutazione del rischio di attivi non recuperabili, segno che vi è ancora molta strada da fare perché il mondo della finanza faccia davvero i conti con il riscaldamento globale.