Il riscaldamento delle acque del Pacifico mette in ginocchio il Perù, flagellato da piogge torrenziali e inondazioni. E lascia dietro di sé 67 vittime e oltre 70mila sfollati
(Rinnovabili.it) – Nessuno poteva prevedere l’intensità con cui il fenomeno climatico di El Niño si è abbattuto in questi giorni sul Perù. L’improvviso e anomalo riscaldamento delle acque del Pacifico ha, in poco più di una settimana, lasciato dietro di sé un’impressionante scia di devastazione. Piogge torrenziali, diretta conseguenza dell’aumento di temperatura oceanica, sono cadute in maniera incessante nel nord ovest del Paese, provocando inondazioni e frane. E spazzando letteralmente via le zone più povere dove oggi si contano 67 vittime e oltre 7omila sfollati, accanto alla distruzione di una serie di infrastrutture chiave.
“Stiamo affrontando un grave problema climatico”, ha affermato il presidente del Perù, Pedro Pablo Kuczynski, in una trasmissione alla nazione lo scorso venerdì. “E’ dal 1998 che in Perù non si verifica un disastro d’una simile portata”.
In metà della nazione è stato dichiarato lo stato di emergenza e le previsioni a breve termine non sembrano voler dar tregua. Secondo gli esperti il Perù deve prepararsi ad un altro mese di incidenti e inondazioni, dal momento che violente piogge continueranno ad abbattersi anche nel mese di aprile con precipitazioni fino a 150 litri per metro quadrato al giorno.
I primi campanelli di allarme erano stati suonati poco tempo fa sia dalla World Meteorological Organization (WMO) che dall’Australian Bureau of Meteorology (ABM), entrambi concordi sulla El Niño si ripresentasse in anticipo in questi mesi. Il fenomeno climatico, infatti, si dovrebbe verificare a intervalli irregolari ogni due-sette anni e l’ultima volta che il Pianeta ha dovuto farci i conti è stato solo lo scorso anno, quando ha provocato a livello mondiale siccità, acquazzoni e temperature estreme che hanno superato qualsiasi record precedente di riscaldamento globale.
“Non abbiamo mai visto nulla di simile prima”, spiega il generale Jorge Chavez, a cui è stato affidato il compito di coordinare gli interventi post disastro. “Da un momento all’altro, le temperature del mare sono aumentato e i venti che impediscono alle precipitazioni di raggiungere la terra si sono fermati”. Il governo ha schierato l’esercito e sta impiegando le imbarcazioni militari per portare aiuti umanitari da Lima al nord. Ma anche nella capitale la situazione appare difficile: con parte dei quartieri periferici completante allagati, le scuole sono state chiuse e l’acqua corrente razionata a causa dell’intasamento dei sistemi di depurazione urbani.
Per Abraham Levy, un meteorologo peruviano, queste condizioni meteorologiche sono “estremamente insolite” e le tempeste e le inondazioni sono state causate da un riscaldamento “atipico” della superficie del mare al largo della costa settentrionale del Perù da cinque a sei gradi. Ha descritto il fenomeno come un “El Niño costiero”. L’ultima volta che questo è stato visto era quasi un secolo fa, nel 1925.