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Fukushima, 6 anni dopo: radiazioni record e spese doppie

Il marchio lasciato dal disastro nucleare di Fukushima è indelebile. Una certezza che cresce di anno in anno, di anniversario in anniversario

Fukushima, 6 anni dopo: radiazioni record e spese doppie

 

(Rinnovabili.it) – E’ indelebile il marchio lasciato dal disastro nucleare di Fukushima. Una certezza che cresce di anno in anno, di anniversario in anniversario. L’incidente dell’11 marzo 2011 fu una combo di terremoto e tsunami, che originò la fusione dei noccioli di tre reattori della centrale. Venne rilasciata una tale radioattività che l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) classificò l’incidente al livello 7, il massimo, raggiunto solo da Chernobyl. Fu contaminato il suolo in un’area di 600 chilometri attorno alla centrale, e il mare registrò livelli di radioattività fino a 50 volte sopra i limiti di sicurezza. A causa del terremoto e dello tsunami morirono 19.000 persone, 150.000 gli sfollati.
Oggi pochi hanno fatto ritorno, l’impianto è tutt’altro che messo in sicurezza, il decommissioning stiracchia i tempi e aumenta i costi frantumando ogni scadenza, ogni previsione. Oggi sappiamo che non si potrà parlare di disattivazione prima del 2025, ma probabilmente anche più avanti. Per il completo smantellamento dell’impianto serviranno ancora 40 anni almeno.

 

Uno Scorpione per Fukushima

Fukushima, 6 anni dopo: radiazioni record e spese doppieAlla fine di gennaio la Tepco, la società che gestisce l’impianto, ha annunciato di aver finalmente individuato tracce del combustibile nucleare esausto. Un passo avanti importante, perché può accelerare la messa in sicurezza e le operazioni di smantellamento dell’impianto. Fino a quel momento c’erano stati solo ritardi, anche perché buona parte dei noccioli fusi aveva attraversando i vessel (i contenitori d’acciaio a pressione) ed era scesa nella parte bassa della struttura di contenimento. Per recuperarli, Tepco ha inviato per la seconda volta un robottino. Tentativo che è fallito esattamente come il primo, nell’aprile del 2015.
Ribattezzato Sasori (scorpione), aveva il compito di valutare più approfonditamente i danni alla struttura, il combustibile, la contaminazione e le temperature. Ma dopo appena due ore, le due telecamere sono andate fuori uso a causa delle radiazioni troppo elevate. Era una macchina creata appositamente per Fukushima. Ora è probabile che servirà una tecnologia ancora più avanzata per riuscire a portare a termine anche solo la ricognizione preliminare.

 

Radiazioni record

Missione fallita sotto tutti i punti di vista, ma “sacrificandosi” un piccolo risultato l’ha comunque portato a casa. E certo non è una buona notizia: i livelli di contaminazione sono più alti del previsto. Secondo l’analisi del rumore delle immagini trasmesse, la radiazione nel vaso di contenimento primario è di circa 650 Sievert all’ora. La sonda che aveva individuato il nocciolo fuso poche settimane prima aveva già rivisto al rialzo i valori, registrando 530 Sievert. Immediatamente dopo il disastro, nel 2011, le radiazioni era state valutate in 73 sievert per ora. Una dose di 4 sievert è mortale nel 50% dei casi, mentre una di 6 sievert uccide qualsiasi essere vivente nel giro di poche settimane.
Radiazioni che destano preoccupazione non soltanto a ridosso dell’impianto. Il governo sarebbe pronto a ritirare l’ordine di evacuazione per la cittadina di Iitate, circa 40 km a nord di Fukushima, il prossimo 31 marzo: questo significa riconoscere alla zona nuovamente la condizione di abitabilità e iniziare già da luglio 2017 i lavori di preparazione per il ricollocamento. Per le autorità l’area è sicura, ma un’indagine di Greenpeace rivela che gli abitanti sarebbero sottoposti all’equivalente di una radiografia toracica a settimana, per il resto della loro vita. Un rischio radiologico ritenuto inaccettabile.

 

Fukushima, 6 anni dopo: radiazioni record e spese doppie

 

Il ‘muro di ghiaccio’ ha fallito

Il sesto anniversario del disastro nucleare segna anche il fallimento del famoso ‘muro di ghiaccio’, la soluzione escogitata da Tepco per contenere l’inquinamento radioattivo del mare. L’obiettivo era evitare l’accumulo di altra acqua radioattiva nei sotterranei dei reattori, acqua che si può fare facilmente strada attraverso il sistema di drenaggio dell’edificio e riversarsi nell’Oceano Pacifico con conseguenze devastanti.
Lo scorso luglio l’azienda ha ammesso che la contaminazione continua nonostante la barriera ghiacciata attorno ai quattro reattori della centrale di Fukushima 1. Sono stati piantati nel terreno oltre 1.500 tubi alla profondità di circa 30 metri. La barriera sotterranea circonda i reattori danneggiati, mentre all’interno dei tubi viene fatta passare una soluzione salina a -30 °C, che ha il compito di congelare il terreno tutto intorno e contenere oltre 60mila tonnellate di acqua contaminata. Ma la barriera ha continue perdite e di fatto serve a poco o nulla.

 

I costi raddoppiano

Problemi e intoppi hanno portato il costo per il decommissioning a lievitare enormemente. Il ministero del Commercio, nel 2013, aveva stimato l’esborso totale a 92 miliardi. Ma a fine novembre le autorità sono state costrette ad ammettere: il costo delle compensazioni e della messa in sicurezza dell’impianto è raddoppiato rispetto alle stime precedenti, superando i 20mila miliardi di yen (quasi 170 miliardi di euro). E non è ancora stata fornita una stima ufficiale del costo del decommissioning vero e proprio. Somme astronomiche che pagheranno con tutta probabilità i giapponesi nella bolletta della luce, mentre il governo sta pensando di suddividere la Tepco in due: la ‘good company’ continuerebbe le sue operazioni, mentre alla ‘bad company’ verrebbero addossate tutte le spese.