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Zappacosta, dalla Silicon Valley alle rinnovabili hi-tech made in Italy

Il presidente dell’azienda che ha lanciato sul mercato Trinum, il sistema solare termodinamico super compatto di Innova, fa il punto sulle prospettive di mercato e sulle sfide future per le rinnovabili italiane. E spiega come ha deciso di tornare dagli Usa ad investire in Italia, creando un ponte tra innovazione tecnologica e ricerca accademica

E’ stato uno dei fondatori della società americana che ha portato sul mercato mouse, webcam e tastiere. Pierluigi Zappacosta, una vita dedicata alla ricerca e all’innovazione tecnologica, è tornato in Italia, dopo anni di attività nella Silicon Valley, per finanziare un progetto innovativo prodotto dalla Innova. Un caso “atipico” e fortunato di imprenditore italiano che ha fatto la fortuna negli States ma che ancora punta sulle eccellenze tecnologiche del nostro Paese soprattutto nella produzione di energia da fonti rinnovabili. Lo abbiamo intervistato per scoprire come e perché ad un certo punto ha deciso di scommettere sull’azienda che ha prodotto “Trinum”:https://www.rinnovabili.it/caldo-freddo-ed-energia-in-poco-spazio-tutto-possibile-con-trinum595737 il sistema termodinamico a concentrazione solare di piccola taglia presentato nei giorni scorsi a Zeroemission Rome.

*_Sofia Capone:_ Ingengner Zappacosta, mi può raccontare brevemente qual è stato il suo percorso professionale e quale esperienze ha maturato lavorando per molti anni nella Silicon Valley e partecipando alla costituzione nel 1981 di un colosso come la Logitech?*
*_Pierluigi Zappacosta:_* Sono partito per gli Usa seguendo mia moglie che lavorava al centro scientifico dell’IBM di Palo Alto. Io mi sono iscritto all’Università di Stanford, dove ho conosciuto Daniel Borrel [l’imprenditore di origine svizzera co-fondatore della Logitech _n.d.r_ ] e insieme abbiamo pensato di realizzare un’attività imprenditoriale. Così nel 1981 abbiamo fondato la _Logitech_ insieme all’amico italiano Giacomo Marini. Le esperienze della Logitech sono state tante, con tanti momenti belli e anche qualche momento brutto. Noi abbiamo avuto, come si dice, la fortuna di essere al momento giusto nel posto giusto, applicando le nostre capacità al progetto giusto. Era il momento in cui il mouse era ancora poco noto ma si avvicinava il suo “momento di gloria” e noi abbiamo iniziato a lavorarci sopra, anche con una buona dose di fortuna. Poi, negli anni successivi, il mouse è diventato sempre più importante fino a raggiungere lo stato di “icona” del computer interattivo grafico e ci ha “lanciato”. Per una ventina d’anni, o anche di più, il mouse è stato il simbolo del web e noi ci trovavamo alla Logitech con un importante asset che abbiamo sfruttato abbastanza bene. Ma abbiamo saputo guardare anche verso altre direzioni, compatibili con l’immagine che negli anni si era creata l’azienda e quindi abbiamo studiato e portato sul mercato via via anche tutti gli altri prodotti, come le webcam.

*_S.C.:_ Una volta lasciato il gruppo della Logitech qual è stato il suo percorso?*
*_P.Z.:_* La mia esperienza si è chiusa alla Logitech nel 1998 e per un paio d’anni mi sono dedicato alla famiglia facendo il “mammo”. Poi ho iniziato a interessarmi ad altre attività imprenditoriali. Le due ditte con cui ho lavorato di più in America sono state la _Digital Persona_ [azienda dedicata alle soluzioni di biometria ottica per l’identificazione basata sulle impronte digitali. _n.d.r._ ] e la _Sierra Sciences_ [azienda di Reno in Nevada, specializzata nella biotecnologia e nanotecnologia _n.d.r._ ]. Nel 2005 ho poi pensato che volevo fare qualcosa anche in Italia, in Abruzzo, e questo è stato l’inizio dell’attività con Innova.

*_S.C.:_ Quando ha deciso di investire in un progetto italiano come Trinum era il lontano 2005 e tutto era ancora “sulla carta”. Cosa l’ha convinta a credere in questo prodotto e nella società abruzzese Innova?*
*_P.Z.:_* La cosa che mi ha colpito decisamente di più, all’inizio, è stato il fatto di trovare un’azienda hi-tech a Chieti. Diciamo anche che è stato una specie di “shock” da cui credo di non essermi mai ripreso… In effetti nel 2005 la Innova era proprio vicino a casa mia e ho avuto una reazione emotivamente molto forte e mi è sembrato bello poterli aiutare. Poi con gli anni Innova si è stabilita anche a Rende, vicino Cosenza dove ha sviluppato la parte tecnica. Ora infatti non è da considerarsi come un’azienda esclusivamente abruzzese.
L’idea che mi hanno presentato nel 2005 era un progetto per la conversione dell’energia solare in energia elettrica. Ma non mi hanno proposto di fare un progetto semplicemente sul fotovoltaico. Infatti fui colpito allora, come adesso, da questo progetto che si svincolava dalle “mode mondiali”, come quella attuale appunto per il fotovoltaico. Io credo che sia molto difficile immaginare un ruolo importante di una ditta italiana in questo particolare comparto perché in Italia un’azienda può operare con successo nell’istallazione e non nella produzione del fotovoltaico, dal momento che si può presumere con quasi assoluta certezza che sarà fatta quasi esclusivamente in Cina. Invece l’idea di Innova era differente e veramente, dal mio punto di vista, hi-tech. Nel 2005 non mi hanno spiegato tutti i dettagli come l’uso del motore Stirling ma mi hanno illustrato un progetto che prevedeva l’utilizzo di apparati meccanici, che io ho valutato in maniera positiva e che ho pensato potesse essere compatibile con le risorse italiane. E’ stato questo quello che mi ha convinto ad investire.

*_S.C.:_ Trinum rappresenta una novità, sia per le sue caratteristiche tecniche sia dal punto di vista ambientale, dal momento che è riciclabile al 100%. Quale pensa potrà essere la risposta del mercato italiano nei prossimi mesi?*
*_P.Z.:_* Già dal 2005 mi era chiaro che il mercato sarebbe stato interessato a sistemi di questo tipo per la conversione dell’energia solare in elettrica. Infatti, come dicevo, non volevo investire in un’azienda che cercava di competere con la Cina, perché, una nazione come l’Italia deve puntare su quello che può essere fatto bene all’interno dei confini nazionali. Innova ha puntato, ad esempio, giustamente su sistemi meccanici piuttosto che basarsi sull’utilizzo dei semiconduttori, dal momento che l’Italia non vanta una grande tradizione nel campo dei semiconduttori mentre ha una grande tradizione nel meccanico. Mi auguro quindi che il mercato reagisca come ho reagito io… Dal punto di vista della tutela dell’ambiente e dell’attenzione alla “riciclabilità” dei componenti devo dire anche che vedo tanta confusione tra la gente. Molti, ad esempio, pensano che guidare un’auto elettrica sia la cosa migliore che si possa fare per tutelare l’ambiente. E questo non è del tutto sbagliato ma bisogna anche considerare quanto queste auto possano consumare oltre al grande problema dello smaltimento delle batterie. Nel caso delle tecnologie rinnovabili, ad esempio, lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici creerà un problema ambientale notevole ma ora non se ne parla perché ci si concentra maggiormente sul beneficio che deriva dal loro sfruttamento. Quando io ho scelto di investire in un progetto come Trinum non volevo trovarmi in questa condizione. Innova mi sembrava offrire una “garanzia” in più, sfruttando componenti meccaniche, che possono essere interamente riciclabili con un unico “problema” che sarebbe stato quello di smontare le varie parti. In questo senso, credo che il mercato potrà rispondere bene a questo prodotto anche in virtù di queste caratteristiche.

*_S.C.:_ Il progetto che ha portato alla realizzazione di Trinum ha anche visto la collaborazione dell’Università della Calabria. Un esempio importante della possibile sintesi che si può realizzare anche in Italia tra il mondo della ricerca e quello imprenditoriale…*
*_P.Z.:_* La collaborazione è stata frutto quasi del caso, all’inizio. Innova aveva aperto un ufficio a Rende e il vero colpo di fortuna è stato scoprire che l’ateneo calabrese poteva contare sulla collaborazione personalità di grande esperienza e prestigio in questo campo. Tutto questo perché la stessa università è stata costituita a Rende da Beniamino Andreatta, il politico e economista italiano, “reclutando” le giovani eccellenze nel mondo della ricerca negli atenei di tutta Europa. A questi giovani, che magari avevano avuto un certo successo già molti anni fa, Andreatta chiese di trasferirsi in Calabria, garantendo una maggiore libertà nelle attività accademiche e di ricerca, senza vincoli clientelari o di baronato. Potendo contare su queste eccellenze è stato abbastanza facile lavorare con un gruppo, come quello del professor Barberi, per lo sviluppo di Trinum.

*_S.C.:_ Il suo è un punto di osservazione sicuramente particolare. Come vede, attualmente, il mercato delle rinnovabili italiane per ricerca tecnologica e applicazioni future?*
*_P.Z.:_* Parlando del mercato delle rinnovabili italiane devo ammettere di non aver maturato tutta questa esperienza. Ci sono dei piccoli gruppi con idee che possono essere interessanti anche se la grande parte la fanno gli installatori di moduli fotovoltaici sul mercato italiano. A questo proposito penso che il problema per il fotovoltaico in Italia, per quel che riguarda l’innovazione tecnologica, sia proprio il fatto che ci si è così tanto concentrati su questo segmento che l’opportunità è stata vista, in questo settore, soprattutto come un’opportunità quasi esclusivamente finanziaria. Il Governo poi è intervenuto con gli incentivi statali perché, ritenendo lo sviluppo in una certa direzione opportuno.
Purtroppo, però, a volte capita che la decisione di concedere agevolazioni fiscali possa generare delle vere e proprie catastrofi. Mi riferisco, ad esempio, a quello che è successo in America con gli incentivi concessi per la produzione di biofuel da mais che hanno creato drammatiche conseguenze sulla disponibilità alimentare di mais, con gravi ripercussioni anche sul prezzo del grano. Senza contare che si è “scoperto”, se così si può dire, che dal punto di vista energetico era una follia, visto che l’energia utilizzata per produrre etanolo dal mais era maggiore rispetto a quella che si otteneva grazie a questo biofuel. Ho visto poi di recente quello che è successo in Italia con lo scandalo dei parchi eolici probabilmente gestiti da personaggi non esattamente “limpidi” e questo mi fa dire che, quando ci sono incentivi così massicci concessi da parte dello Stato, può capitare molto spesso che tutto questo denaro faccia gola a molti gruppi criminali. Ciò dovrebbe motivare i governi a prestare un po’ più di attenzione nella concessione massiccia degli incentivi, magari studiando una strategia per sostenere il progresso tecnologico e la ricerca scientifica.

*_S.C.:_ Lei attualmente continua a vivere e a lavorare negli Stati Uniti e, da ciò che mi risulta, si occupa di energie rinnovabili anche oltre oceano. Mi può spiegare di che cosa si tratta?*
*_P.Z.:_* In un certo senso seguo il mondo delle energie rinnovabili da vicino, dal momento che in America ho un piccolo ruolo nel fondo di investimenti di venture capital Noventi, basato nella Silicon Valley, che gestisce il mio amico Giacomo Marini. Questo fondo investe in alcune aziende “verdi”, come ad esempio una compagnia fotovoltaica, una società di mini eolico e un’azienda che produce biofuel da microalghe.

*_S.C.:_ Se ci fossero le condizioni, su quale progetto “verde” investirebbe oggi in Italia?*
*_P.Z.:_* Il mio fondo Faro ha investito su diverse aziende italiane, tra cui, ad esempio l’azienda meccanica teramana _Tecnomatic._ Questa azienda attualmente sta investendo molto nel comparto della mobilità elettrica, per produrre dei motori elettrici più piccoli e più leggeri rispetto a quelli attualmente in circolazione e con performance più avanzate. Questo è un comparto in cui io credo e che penso che possa rappresentare la vera frontiera per il futuro. L’unico problema che bisognerà risolvere sarà quello delle batterie, che ad oggi hanno ancora un “costo” ambientale molto alto per il loro smaltimento. In prospettiva, naturalmente, c’è la possibilità di utilizzare l’idrogeno e a questo proposito proprio un gruppo di Rende ha sviluppato degli interessanti sistemi di stoccaggio. La cosa che vedo come “praticamente perfetta” per il futuro è un’auto elettrica alimentata con l’energia che viene dall’idrogeno. Perfetta sia dal punto di vista energetico sia da quello ambientale. Sono convinto che ci si arriverà presto e spero che la mia azienda Tecnomatic possa sviluppare delle buone soluzioni per i motori, potendo contare sulle nuove soluzioni per lo stoccaggio dell’idrogeno studiare dal gruppo di lavoro di Rende.