Dieci nuovi progetti “low carbon” saranno finanziati attraverso il fondo verde per il clima. Ma i problemi superano in numero i progressi raggiunti
(Rinnovabili.it) – Il Green Climate Fund (GCF) ha dato il via libera allo stanziamento di 745 milioni di dollari in nuovi progetti a basse emissioni di carbonio: dieci nuove iniziative che coinvolgono 27 Paesi e che vanno dallo sviluppo della geotermia nelle nazioni caraibiche, al controllo dei rischi legati allo scioglimento dei ghiacci in Pakistan, fino ai nuovi impianti rinnovabili nell’Africa subsahariana.
L’annuncio è arrivato in contemporanea con la nomina del primo direttore esecutivo del segretariato del Fondo, l’australiano Howard Bamsey. Ex direttore generale del Global Green Growth Institute e veterano dei negoziati internazionali sul clima, Bamsey ha ora sulle spalle un compito non da poco: riuscire a mantenere le promesse con cui il Fondo è stato creato.
Istituito alla Cop16 di Cancun nel 2010 come meccanismo per aiutare i paesi in via di sviluppo nelle pratiche di adattamento e di mitigazione, il GFC è arrivato a elargire i primi contributi – circa 170 milioni di dollari – solo poche settimane prime della Cop21 di Parigi. Ossia ben 5 anni dopo. Il ritardo nell’azione è dipeso quasi esclusivamente dalla ritrosia delle economie avanzate ad aprire il portafoglio, come promesso sotto i riflettori dei vertici climatici. Nelle intenzioni, il Fondo dovrebbe raccogliere 100 miliardi di dollari entro 2020, ma all’attivo si è raggiunta una cifra di poco superiore ai 10 miliardi, fatta più di parole che di contanti.
E l’obiettivo di quest’anno sembra, a conti fatti, quasi impossibile da realizzare.
I nuovi fondi portano il totale dei progetti approvati finora per il 2016 a 1 miliardo di dollari d’investimento, 1,5 miliardi in meno rispetto al target. “Noi non possiamo arrivarci, non sappiamo come”, ha commentato Ewen McDonald, uno dei co-presidenti del consiglio di amministrazione del GCF a Reuters. “Ma siamo convinti che sia importante avere un’ambizione”. Ma le critiche non si fermano solo al ritardo dei Paesi. Ancora oggi sono senza risposta domande su come vengono gestiti i fondi, sul ruolo del settore privato, e la trasparenza del Consiglio stesso. Inoltre il GCF continua a rifiutare un divieto esplicito su progetti legati a combustibili fossili.