L'India ha ammorbidito la sua posizione sul bando degli idrofluorocarburi e ha già ordinato alle sue aziende l'incenerimento degli HFC-23, gas serra sottoprodotto della lavorazione degli HCFC-22
(Rinnovabili.it) – Le nazioni riunite a Kigali in Ruanda stanno limando gli ultimi dettagli – per nulla secondari – per arrivare ad un accordo globale sullo stop agli HFC. Oggi, giornata conclusiva del vertice, sapremo se ha prevalso la linea “dura” degli oltre 100 Stati che proponevano tempi rapidi per il taglio degli idrofluorocarburi, o se l’ha spuntata l’altra fazione capitanata dall’India, che da mesi cerca di annacquare il testo finale.
Raggiungere un buon accordo è fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici. La proposta di revisione del Protocollo di Montréal, che dal 1987 regola la riduzione delle emissioni di centinaia di sostanze chimiche utilizzate da frigoriferi, condizionatori d’aria, estintori e altri prodotti di uso comune, vale infatti 0,5°C in meno di riscaldamento globale. Gli HFC sono tra i peggiori gas serra visto che hanno un potere climalterante 10mila volte maggiore della CO2. La loro crescita (il tasso attuale è del 7% annuo) è schizzata verso l’alto quando il Protocollo bandì i clorofluorocarburi (CFC), e decretarne lo stop definitivo significherebbe evitare l’emissione di HFC per l’equivalente di 100 miliardi di tonnellate di CO2 entro il 2050.
La strada verso il bando è stata tortuosa. Lo si attendeva già l’anno scorso, alla vigilia della COP21. Poi i disaccordi tra i più grandi inquinatori mondiali avevano consigliato di lasciare l’argomento fuori dall’Accordo sul clima per evitare che non si trovasse la quadra nemmeno su quello. Adesso, alla vigilia della COP22 di Marrakesh, qualcosa è cambiato.
L’India ha sempre dichiarato la sua opposizione a tempi rapidi: per tutelare la sua crescita economica chiede invece 10 anni in più per il phase out e, soprattutto, adeguati finanziamenti da parte degli Stati più ricchi. Ma ieri ha ammorbidito la sua posizione: ha accettato di bandire gli HFC-23, uno dei gas serra in questione e un sottoprodotto della produzione di HCFC-22, molto diffusi in India. Secondo i rappresentanti di Nuova Delhi, questa mossa eviterà di immettere in atmosfera circa 450 mln di t di CO2 equivalente. È senza dubbio un’apertura importante, ma non dà la certezza che a Kigali sarà raggiunto un buon accordo.