Tutto inizia con la corsa all'oro di fine '800. Da allora nessun governo ha mai fatto nulla per impedire che le risorse idriche venissero contaminate dai rifiuti tossici
(Rinnovabili.it) – Per le compagnie minerarie è stato un affare d’oro durato oltre 130 anni, per i sudafricani che abitano il West e Central Rand invece è una catastrofe ambientale, sanitaria, sociale. È dalla fine dell’800 che l’estrazione di oro nelle regioni attorno alla capitale Johannesburg riversa fanghi tossici nei fiumi e nelle falde, contaminando in modo gravissimo l’acqua. Tutti i governi, anche quello attuale, hanno ignorato o fallito nel porre rimedio. È l’accusa contenuta in un rapporto redatto dalla International Human Rights Clinic (IHRC) della Harvard Law School.
Fin dagli albori della corsa all’oro, il Sudafrica ha permesso che i rifiuti tossici prodotti dal processo estrattivo venissero sversati nei fiumi. La situazione non è per nulla cambiata quando sono apparse leggi per la tutela ambientale – nazionali e internazionali – sono entrate in vigore. Terminato il boom molte delle miniere sono state abbandonate, ma continuano ancora oggi a fare danno perché non sono state messe in sicurezza. Oltre ai fanghi tossici, l’inquinamento deriva anche da rifiuti radioattivi e dalle polveri.
Acqua e ossigeno sono stati combinati con elementi come l’uranio e il ferro, sottoprodotti dell’attività mineraria, formando un liquido acido e solforico (in gergo viene chiamato drenaggio acido), che ha contaminato le risorse idriche dell’intera regione. Acqua che gli abitanti usano per bere e lavarsi, ma anche per l’allevamento e l’agricoltura.
Gli effetti di questa catastrofe ambientale, puntualizza il rapporto, costituiscono una grave violazione dei diritti umani. Quella stessa categoria di diritti che il Sudafrica, quando tenne le sue prime libere elezioni nel 1994, aveva promesso di tutelare. Da allora, però, non è stato fatto quasi nulla.
“Il governo non solo ha mitigato in modo inadeguato il rischio costituito dalle miniere abbandonate e attive, ma ha anche fornito informazioni carenti sui rischi, condotto troppo pochi studi scientifici riguardo le ricadute sulla salute e di rado si è confrontato con gli abitanti in merito alle miniere”, scrive l’IHRC. Lo scorso maggio l’esecutivo ha messo in campo un piano a lungo termine, per un importo di quasi 850 milioni di dollari, per la decontaminazione delle acque. Ma al di là dell’annuncio, nulla di concreto è stato fatto sinora.