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Bioarchitettura, è nata la sezione provinciale dell’Inbar

Si è presentata ufficialmente alla città la sezione provinciale dell’Inbar, l’istituto nazionale di bioarchitettura, tenuta a battesimo questa mattina al Centro arti visive da Matteo Ricci. Il gruppo di professionisti ha unito le forze sotto il segno della sostenibilità. «C’è bisogno anche del vostro contributo – ha detto il presidente della Provincia – per il nuovo modello di sviluppo che vogliamo edificare con il nostro Piano strategico. Nonostante le difficoltà causate dalla crisi, non rinunciamo a progettare il futuro. E l’architrave sarà il piano territoriale di coordinamento, al quale tutti i Prg dei Comuni dovranno attenersi». Il «leitmotiv» è la qualità della vita, abbinata ai progetti per una «comunità più felice». E la dimensione urbanistica ha una parte rilevante: «Tutti i nostri Prg – ha proseguito Ricci – sono oggi sovradimensionati, alla luce della crisi. Serve la capacità di riconvertire le scelte, orientarle verso il “costruire nel costruito”. Bisogna ripensare anche l’edilizia: gli edifici vanno considerati come nodi della rete energetica che andremo a costruire». La «green economy» è un «nuovo modo di concepire la produzione»: «E’ utile per intercettare i mercati – ha concluso -. E dobbiamo essere pronti a rispondere ai temi del futuro sulle rinnovabili. Penso anche alla questione del design degli impianti, dove possono crearsi opportunità occupazionali…». I componenti del direttivo (e soci fondatori) sono Annarita Santilli, Valentina Radi, Alessandra Naglieri, Vittorio Vagnini, Diego Aigotti, Stefano Bocconcelli, Maurizio Giannotti, Ettore Pandolfi e Alberto Ubaldo Rattini. Presidente della sezione è l’architetto Margherita Finamore. Che ha spiegato la «mission»: «Saremo la voce della sostenibilità. Non solo: vogliamo concretizzarla dal punto di vista progettuale, normativo e produttivo». Concorda Wittfrida Mitterer, responsabile del direttivo nazionale dell’istituto. Poi la lezione del pioniere dell’architettura sostenibile, il maestro belga Lucien Kroll. Che ha esposto il paradigma di un nuovo «umanesimo» abitativo: «Non demolire, ma trasformare. La nuova forma urbana non è un calcolo, né un modello matematico. Piuttosto, è il rispetto della diversità e del tessuto relazionale…».