Un studio condotto dall’Università di Abertay Dundee approfondisce il ruolo del carbone attivo nelle reazioni di cattura degli inquinanti atmosferici
(Rinnovabili.it) – La nuova ricerca condotta nei laboratori dell’Università di Abertay Dundee (UAD) farà assomigliare la lotta all’inquinamento atmosferico alle normali pulizie domestiche. Forse non sarà così facile come rimuovere la polvere da mobili e soprammobili ma di sicuro il panno in carbone attivo realizzato dagli scienziati dell’UAD ha dalla sua un’efficacia sorprendete nel filtrare i composti nocivi presenti nell’aria e nell’acqua. Per capire come funzioni l’applicazione bisogna però fare un salto indietro nel tempo. Il materiale infatti nasce nel Regno Unito, anno 1980, inizialmente come applicazione nelle divise dei soldati britannici finalizzata alla protezione nei confronti degli attacchi chimici. A rendere speciale il carbone attivo è essenzialmente la sua matrice di microcristalli di grafite che determinano una struttura porosa in grado di assorbire diversi tipi di sostanze, attraendo le molecole nella sua vasta superficie interna. Si tratta di una capacità ormai universalmente riconosciuta e che ha portato ad usare questi microcristalli sotto forma di polvere in differenti settori, dal trattamento delle acque reflue industriali alla potabilizzazione delle riserve idriche fino al recupero dei solventi.
I ricercatori britannici hanno concentrato le loro ricerche proprio su questi ultimi aspetti e lavorando in collaborazione con la Carbon Filter Technology, hanno scoperto che il materiale in forma di tessuto può essere utilizzato per creare prodotti chimici reattivi noti come radicali idrossili. Si tratta una specie chimica altamente instabile, capace di reagire istantaneamente con gli inquinanti anche a concentrazioni di poche parti per milione. In combinazione con l’ozono diventa un filtro efficace e uniforme. “Il tessuto ha innumerevoli piccoli pori che assorbono le molecole organiche sulla superficie attraverso deboli forze di Van der Waals”, ha dichiarato Ian Johnson della Carbon Fiber Technology. “Successivamente gli inquinanti reagiscono con l’agente ossidante (l’ozono) sulla superficie del tessuto in carbonio, trasformandosi in molecole più piccole o anche in anidride carbonica e acqua. Il tessuto di carbonio in realtà funge da catalizzatore, favorendo la decomposizione degli inquinanti”.
Spiega il Professor David Bremner, presidente dell’Applied Environmental Science presso l’ateneo, ha detto: “Sono stati condotti un gran numero di studi su come il carbone attivo in polvere o in grani può essere utilizzato, ma ciò che abbiamo scoperto è che usandolo come tessuto aumenta i suoi vantaggi reali”.
“Esistono molte applicazioni possibili, dagli ospedali agli impianti industriali, dove il panno in questione può essere utilizzato per la realizzazione di filtri incredibilmente sensibili e capaci di eliminare le molecole pericolose anche a concentrazioni molto basse”.