Meno potere alle Regioni, più potere al governo. È questo il succo della riforma della legislazione ambientale proposta dal Ministro Galletti
(Rinnovabili.it) – Una riforma della legislazione ambientale più vasta possibile, per conferire allo Stato maggior potere e ridurre l’influenza degli enti locali. Sembra questa la direttrice che il governo ha intenzione di percorrere dopo l’annuncio del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, che ha subito allarmato il movimento No Triv.
Durante un’audizione in commissione per la Semplificazione amministrativa, il Ministro ha dichiarato che il Codice dell’Ambiente (dlgs 152 del 2006) «è stato il frutto di una ricomposizione di articoli della legislazione vigente raccolti in maniera disorganica e senza alcun coordinamento». Di qui, la volontà di «affermare con chiarezza che esiste una non eludibile responsabilità in capo allo Stato ed in particolare al Governo». Una responsabilità, dunque un potere e un controllo esclusivi.
Con questo obiettivo, Galletti procederà alla nomina di una apposita commissione di studio, che dovrebbe esaminare il modo in cui sono ripartite le competenze ambientali e proporre una loro riorganizzazione, «tenendo conto delle profonde trasformazioni costituzionali che sono in corso».
La frase del ministro si riferisce, molto probabilmente, alla controversa riforma del Titolo V della costituzione, che riporta totalmente in mano allo Stato la competenza su energia, infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto. Il perimetro di influenza degli Enti locali, in particolare delle Regioni, viene in tal modo ristretto. Cosa che non piace affatto ai molti movimenti di protesta che chiedono di essere ascoltati da Roma prima di dare il via libera a grandi opere impattanti. Un esempio su tutti è proprio il movimento No Triv, che tramite lo strumento referendario, appoggiato proprio da 9 Consigli regionali, sta cercando di riaffermare il ruolo cruciale dei territori al tavolo negoziale. Da quando la legge di stabilità ha cancellato il Piano delle Aree, infatti, le Regioni hanno perso l’unico strumento di pianificazione organizzata delle trivellazioni entro i propri confini. Il “colpo di mano” è servito a far decadere due quesiti del referendum, che però potrebbero essere riabilitati dalla Corte costituzionale, dinanzi alla quale è stato sollevato un conflitto di attribuzione a inizio settimana.
La riforma del Codice dell’Ambiente proposta da Galletti potrebbe avere, inoltre, diretta influenza sull’unico quesito referendario al momento rimasto in piedi: quello che riguarda la durata delle autorizzazioni già rilasciate per le esplorazioni e le trivellazioni dei giacimenti in mare. In esso si chiede l’abrogazione di quella parte dell’articolo 6 comma 17 del Codice che prevede le trivellazioni per l’intera «vita utile del giacimento», cioè virtualmente per sempre.
Il Coordinamento nazionale No Triv ha espresso preoccupazione nei confronti dell’annunciata riforma: «In tutto questo può leggersi l’ennesima conferma del disegno perseguito dal Governo, indirizzato a ricondurre ogni decisione in capo allo Stato e che culminerà nella revisione del titolo V della Costituzione. Ed è evidente che il Ministro non faccia riferimento alla materia ambientale, in quanto l’ambiente è già di competenza esclusiva dello Stato. Il Coordinamento nazionale No Triv ha già scelto di schierarsi contro il disegno di revisione costituzionale, aderendo da tempo al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale. Piuttosto che discettare dei massimi sistemi, alle dichiarazioni di intenti il Ministro Galletti e il Governo tutto facciano seguire i fatti iniziando, ad esempio, a porre mano ad una revisione organica e complessiva della disciplina riguardante le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e, seguendo le best practices di altri Paesi dell’Unione, mettendo sul tavolo una proposta di legge sul dibattito pubblico riguardanti le decisioni concernenti la realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche di rilevanza strategica».