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Dalla Svizzera il fotovoltaico low cost con il 20,2% di efficienza

Il fotovoltaico in perovskite abbassa i costi mantenendo alte le performance. Il merito va ad un nuovo materiale di conduzione creato dal Politecnico di Losanna

Illustrazione 3D delle molecole di FDT su una superficie di cristalli di perovskite
Illustrazione 3D delle molecole di FDT su una superficie di cristalli di perovskite

 

(Rinnovabili.it) – Nuovo successo per il fotovoltaico low cost ad alta efficienza. Oggi alcune delle celle solari più promettenti sono a base di perovskiti, un gruppo di cristalli molto particolari che condividono una caratteristica struttura molecolare. Osannate dal mondo della ricerca come il Santo Graal della tecnologia solare, le celle in perovskite devono ancora superare alcuni ostacoli prima di trasformare in realtà tutte le promesse fatte. Uno di questi è costituito dai costosi materiali impiegati per condurre le “lacune”.

 

Per i meno avvezzi ai principi base del fotovoltaico, è necessario fare qualche chiarimento: quando la luce solare colpisce il materiale semiconduttore della cella, viene fornita, ad alcuni elettroni, energia sufficiente  per passare ad un livello energetico superiore dove sono liberi di spostarsi; nel farlo si creano delle lacune, ossia delle buche dove manca un elettrone. La conversione da luce a energia elettrica effettuata dalla cella fotovoltaica avviene essenzialmente perché questi portatori di carica liberi (elettroni e buchi) sono spinti in direzioni opposte attraverso differenti materiali. A volte però, come nel caso del fotovoltaico in perovskite, questi conduttori possono alzare notevolmente il costo di produzione.

 

Un team di scienziati di Ingegneria Molecolare dei materiali funzionali al Politecnico di Losanna, è riuscito a progettare un materiale notevolmente più conveniente per la conduzione delle lacune che costa solo un quinto di quelli esistenti, mantenendo alta l’efficienza della cella solare. Il gruppo, guidato da Mohammad Nazeeruddin, ha creato un conduttore molecolare ingegnerizzato battezzato con l’acronimo FDT (che sta per fluorene-ditiofene) capace di tagliare drasticamente i costi pur assicurando un’efficienza di conversione sopra il 20,2%. L’aspetto forse più positivo della ricerca è che questa molecola può essere facilmente modificata, creando i presupposti per un’intera generazione di nuovi vettori a basso costo.

 

“Il miglior fotovoltaico in perovskite realizzato fino a oggi utilizza materiali di conduzione delle lacune difficili da produrre e purificare e il cui costo è proibitivo (più di 300 euro al grammo) impedendo di fatto la penetrazione di questa tecnologia nel mercato”, spiega Nazeeruddin. “In confronto, il FDT è facile da sintetizzare e purificare, costa un quinto, mentre la performance e uguale se non addirittura superiore”. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Energy.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.