Nel Bollettino degli idrocarburi emesso dal MiSE il 31 dicembre c’è il permesso per le trivelle Petroceltic di cercare il petrolio a due passi dalle Tremiti
(Rinnovabili.it) – La legge di stabilità è entrata in vigore il 1 gennaio, e ha vietato il rilascio di nuovi permessi e concessioni per la ricerca ed estrazione di idrocarburi. Ha perfino proibito la conclusione dei procedimenti in corso. Ma il destino delle trivelle in Adriatico non è affatto segnato. Per quale ragione, altrimenti, il Ministero dello Sviluppo economico avrebbe rilasciato un permesso di ricerca di idrocarburi in favore della società petrolifera Petroceltic? Sembrerebbe una contraddizione, eppure il Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse, pubblicato dal MiSE il 31 dicembre, parla chiaro.
L’autorizzazione per i lavori di indagine geofisica e geologica e quelli di perforazione è lì a testimoniarlo. Il progetto, portato avanti dalla irlandese Petroceltic, comprende due zone di mare che coprono in totale 373 chilometri quadrati tra l’Abruzzo, il Molise e le Isole Tremiti, ricadendo parzialmente entro il limite delle 12 miglia marine.
Nel maggio 2011, i piani della Petroceltic si scontrarono con un corteo di tremila persone, cui partecipò anche Lucio Dalla. Ora, dopo cinque anni, la paura delle trivelle è tornata.
«La domanda che occorre porsi – spiega Enzo di Salvatore, costituzionalista e coordinatore del Movimento No Triv – è cosa se ne faccia la società petrolifera Petroceltic di un permesso di ricerca rilasciato a fine dicembre 2015, se dal 1° gennaio 2016 non potrà più chiedere ed ottenere la successiva concessione per l’estrazione».
L’autorizzazione concede alla società 12 mesi per avviare i lavori di indagine geologica e geofisica e 48 mesi per la perforazione.
Secondo Di Salvatore, «il rilascio del permesso di ricerca prova come la questione delle trivellazioni in mare entro le 12 miglia sia particolarmente delicata e niente affatto risolta. Nel senso che intanto si è deciso di concedere quello che a partire dal 1° gennaio non sarebbe stato più possibile concedere, nell’attesa che la normativa sul divieto delle attività petrolifere entro le 12 miglia marine venga magari modificata».
Il Codice dell’Ambiente protegge i permessi rilasciati prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità: l’autorizzazione in “zona Cesarini” somiglia tanto ad un regalo del governo sotto l’albero di Natale della compagnia irlandese.
«Anzi – precisa il costituzionalista – Attraverso un emendamento voluto dal governo, i titoli abilitativi già rilasciati non hanno neppure scadenza, dal momento che restano in vigore per la ‘durata di vita utile del giacimento’».
Il passaggio è molto delicato, ma Enzo di Salvatore lo chiarisce così: «Se è vero che la ‘vita utile del giacimento’ è espressione mutuata dall’ingegneria, essa dovrebbe riferirsi alle concessioni già rilasciate. Ma io credo che, dal punto di vista giuridico, questa previsione è in condizione di riversare i propri effetti anche sulla durata dei permessi».
Sarebbe così per due ragioni:
– I “titoli abilitativi” di cui parla l’emendamento comprendono tutti i titoli minerari, non solo le concessioni.
– Il termine “giacimento minerario” si riferisce alla fase della scoperta e non a quella della coltivazione.
Il riscontro di queste due affermazioni si può trovare, rispettivamente, in un parere del Consiglio di Stato del 2011 e nella legge n. 9 del 1991.
Temi complicati, ma che hanno direttamente a che fare con il futuro delle comunità e dei movimenti contrari alle trivellazioni in mare. Popolazioni preoccupate anche dalle notizie riguardanti il progetto Ombrina Mare. Il governo Renzi ha sospeso il decorso temporale sul permesso di ricerca, ma solo per un anno. Quanto basta per tentare di evitare il referendum chiesto da 10 regioni italiane sull’onda delle proteste No Triv.