Eolico, solare e biomasse hanno compiuto il miracolo: oggi l'Uruguay si alimenta per lo più a energia pulita e vende il surplus all'Agentina. E mira ad essere carbon neutral per il 2030
(Rinnovabili.it) – Se si guarda alla mappa mondiale delle emissioni, l’Uruguay è responsabile solo dello 0,06 per cento di tutti gas a effetto serra che causano il riscaldamento globale. Eppure l’impegno messo in campo sul fronte climatico non è secondo nessuno. Il piccolo Paese dell’America Latina è alle prese con una profonda rivoluzione energetica, con l’obiettivo di arrivare ad essere completamente carbon neutral entro il 2030. L’impresa sarebbe ardua per tutti, ma non per l’Uruguay che già oggi può contare su un risultato da record: le energie rinnovabili forniscono alla nazione oltre il 94% dell’elettricità e più del 66% dell’energia totale. “Già alla fine del 2014, il mix energetico del paese era composto al 55 per cento da fonti rinnovabili, rispetto a una media globale di solo il 12 per cento”, spiega Ramón Méndez, presidente della National Climate Change Response System.
Ma l’aspetto più sorprendente non è il quanto, ma il come: il territorio, ha dichiarato lo stesso Mendez, ha raggiunto il 94, 5% di elettricità da rinnovabili senza sussidi governativi e senza costi al consumo maggiorati. Anzi, le bollette non sono mai state così basse.
Dove inizia la trasformazione verde
La trasformazione del sistema energetico uruguayano ha preso formalmente il via concretamente durante il primo mandato (2005-2010) dell’attuale presidente, Tabaré Vázquez, anche se il paese non ha dovuto cominciare da zero. La nazione ha sempre fatto affidamento sull’energia idroelettrica, e per la precisione su quattro grandi dighe (di cui una risalente al 1930) che andavano a rinforzare la produzione di due impianti termoelettrici. Oggi però le infrastrutture sono vecchie e il cambiamento climatico sta mettendo ormai da tempo a dura prova le risorse idriche nazionali.
Ecco perché l’Urguay ha deciso di cambiare registro, investendo su energia eolica, solare e biomassa. Un impegno unico sul fronte della decarbonizzazione che è stato ampiamente riconosciuto a livello mondiale anche da enti come la Banca mondiale e la Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi. Per cementare questa reputazione, Méndez – che guida anche politica climatica – è arrivato alla Cop21 di Parigi questa settimana con uno dei più significativi impegni nazionali del mondo: un taglio dell’88% delle emissioni di carbonio entro il 2017 rispetto alla media degli anni 2009-2013.
Nella ricetta verde dell’Uruguay non ci sono miracoli tecnologici coinvolti, l’energia nucleare è del tutto assente dal mix, e nessuna nuova mega diga idroelettrica è stata aggiunta nei piani. Il merito è solo di un chiaro il processo decisionale, un ambiente normativo favorevole e un forte partenariato tra il settore pubblico e privato. Il Piano sull’Efficienza Energetica fa il resto. “Quello che abbiamo imparato è che le energie rinnovabili non sono solo un business finanziario“, aggiunge Méndez. “Per tre anni non abbiamo importato una solo kilowattora. Eravamo abituati a essere dipendenti dalle importazioni di energia elettrica dall’Argentina, ma ora esportiamo a loro. La scorsa estate, gli abbiamo venduto un terzo della nostra produzione”.