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Mini-idroelettrico, quale futuro dopo l’aumento dei sovracanoni BIM?

Le associazioni di settore lanciano l’allarme: la norma contenuta nel collegato ambientale innalzerebbe fino al 30% le imposte dei mini impianti idroelettrici. Troppo per le piccole realtà

Mini-idroelettrico, quale futuro dopo l'aumento dei sovracanoni BIM?

 

(Rinnovabili.it) -Il Collegato Ambientale alla Legge di Stabilità 2014 sta portando tensione nel settore delle rinnovabili. Tra gli articoli del provvedimento, infatti, ce n’è anche uno che prevede di aumentare da 22,88 €/kW a 30,40 €/kW i sovracanoni per Bacini Imbriferi Montani (BIMI) dovuti dai titolari di impianti idroelettrici di piccola e media taglia. Si tratta di tasse aggiuntive rispetto un canone idrico di concessione che tutti gli impianti idroelettrici pagano, proprio delle zone di raccolta delle acque piovane che alimentano un fiume. La norma che equipara così le imposte per il mini-idroelettrico a quelle delle grandi derivazioni idroelettriche è stata inserita nel provvedimento durante il primo passaggio alla Camera e, se venisse approvata anche in Senato, diverrebbe realtà. La conseguenza? Senza incentivi e senza prezzi minimi garantiti per il mini-idro, i proprietari arriveranno a pagare canoni e imposte indirette per valori vicini al 30% del fatturato.

 

“Non sono stati sufficienti – commenta Agostino Re Rebaudengo, Presidente di assoRinnovabili – i continui aumenti che hanno portato questa tassa dalle 1.300 lire/kW del 1953 agli attuali valori. Oggi si vuole addirittura cancellare la norma introdotta nel 2010 che, con senso di equità, aveva risparmiato le piccole derivazioni da un significativo aumento di sovracanone in ragione del “minor consumo di territorio”. Senza contare che la questione sovra canoni BIM risultava già intricata da tempo. Nel 2012 la Legge di Stabilità aveva cancellato con un colpo di spugna il criterio originario della quota altimetrica di ubicazione dell’impianto ai fini del pagamento dell’imposta in questione, estendo pertanto l’obbligo fiscale a tutte le istallazioni “le cui opere di presa ricadano in tutto o in parte nei territori dei comuni compresi in un bacino imbrifero montano”.

 

A ciò si deve aggiungere ora l’intenzione di eliminare il presupposto giustificativo dell’applicazione del maggior canone, attualmente legato alla prosecuzione degli interventi infrastrutturali da parte dei comuni. “In questo modo – scrivono assoRinnovabili e Assoelettrica – i maggiori oneri per gli operatori appaiono slegati da qualsiasi giustificazione razionale visto che sono dovuti a prescindere dagli interventi da parte dei comuni montani, diventando di fatto un mero aumento di imposizione fiscale su un’attività produttiva che già contribuisce con vari canoni ed imposte locali allo sviluppo del territorio, oltre che con le attività d’impresa in uno scenario peraltro depresso dei prezzi dell’energia all’ingrosso”.