Il presidente Obama riconosce il ruolo degli USA nei processi che hanno portato al climate change e promette un serio impegno, ma le nuove concessioni petrolifere nel Mar Glaciale Artico puntano in direzione opposta
(Rinnovabili.it) – Da una parte ci sono i continui proclami ad agire contro i cambiamenti climatici, dall’altra ci sono gli interessi economici sulla Regione Artica, che non retrocedono neppure di un millimetro ma al contrario aumentano ma mano che gli effetti del global warming si fanno più disastrosi. Quando si tratta di decidere quale siano le priorità, il governo statunitense riesce a mostrare in colpo solo tutta la sua incoerenza, specchio di quello stesso paradosso con cui vengono portati avanti oggi i negoziati climatici internazionali. La dimostrazione più lampante arriva dalla Conferenza sulla Leadership Globale in Artico (GLACIER) convocata in questi giorni dagli Stati Uniti a cui tocca la presidenza di turno del Consiglio Artico (forum intergovernativo che raccoglie le nazioni e le popolazioni delle regioni artiche).
Solo ieri, lunedì 31 agosto, dal palco del meeting il presidente Obama aveva usato parole incisive per ricordare le sfide che attendono il mondo: “Il cambiamento climatico non è più un lontano problema; sta accadendo qui e sta accadendo ora. Non stiamo agendo abbastanza velocemente. Sono venuto qui oggi, come il leader della più grande economia del mondo e il secondo più grande emettitore, a dire che gli Stati Uniti riconoscono il proprio ruolo nella creazione del problema, e ci assumiamo la nostra responsabilità nel contribuire a risolverlo”.
E i riflettori stelle e strisce sono puntati soprattutto sull’Alaska, una regione dove gli effetti dell’impatto del surriscaldamento globale sono eclatanti. Basti pensare che a maggio di quest’anno, in molte città dello Stato la temperatura superava addirittura i 30° C.
Ma se da un lato il capo della Casa Bianca non esita neppure un minuto a sottolineare come lo scioglimento dei ghiacciai oggi in atto sia un segnale tangibile della portata devastante dei cambiamenti climatici a livello globale, dall’altro sembra sorridere alle nuove opportunità che affiorano in superficie. Lo dimostra la proposta avanzata oggi di anticipare di due anni – dal 2022 al 2020 – l’acquisto di un nuovo rompighiaccio pesante, parallelamente alla richiesta presentata al Congresso di finanziarne altri, per “motivi di sicurezza” e per non farsi superare la Russia che ne possiede ben 40.
Alcuni esperti ritengono che il Polo Nord sarà completamente senza ghiaccio già a partire dal 2030, aprendo così nuove tratte commerciali e rendendo “disponibili” nuovi siti per l’estrazione di risorse naturali. E in barba alle proteste ambientaliste questa estate Obama ha concesso il permesso a Shell per le attività di perforazione nel Mare Glaciale Artico. La multinazionale olandese, che aspettava da anni il permesso di istallare piattaforme offshore a largo delle coste dell’Alaska, potrà perforare il suolo di uno degli ecosistemi più fragili e incontaminati al mondo, sotto al mare di Chukchi fino ad una profondità di 2.500 metri.