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Ilva, 47 rinvii a giudizio per il disastro ambientale

Quarantaquattro persone e tre società rinviate a giudizio dal Gup di Taranto Wilma Gilli per l'inchiesta “Ambiente svenduto”

Ilva: il CdM approva il decreto di risanamento ambientale (foto di www.corriereditaranto.it)

 

(Rinnovabili.it) – Si attendava per oggi alle 13 la decisione del Gup di Taranto Wilma Gilli sull’inchiesta “Ambiente svenduto” e puntuale è arrivata: tutti rinviati a giudizio per il disastro ambientale dell’Ilva, quarantaquattro persone e tre società, Ilva, Riva Forni Elettrici e Riva Fire. L’attesa sentenza del Giudice Gilli chiude così la fase dell’udienza preliminare (durata un anno) ponendo difatti il primo punto fermo per il processo di primo grado. Secondo una perizia epidemiologica disposta dalla procura tarantina e resa nota nel 2012, anno in cui la magistratura dispose il sequestro di una parte dello stabilimento, in 13 anni le emissioni nocive di Ilva hanno causato la morte di quasi 400 persone. Ma la società – di cui la famiglia Riva è proprietaria al 90% – ha sempre sostenuto che si trattava di dati relativi al passato, e che la situazione dell’impianto ambientale era nettamente migliorata dopo un processo di risanamento.

 

E non sembra fare sconti a nessuno il Gup che alla sbarra porta i fratelli Fabio e Nicola Riva, l’ex governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, l’ex presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante,gli ex direttori dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, il direttore dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato.

Secondo l’accusa, Vendola su cui pende l’accusa di concussione aggravata, avrebbe esercitato pressioni sul direttore generale di Arpa Puglia Assennato (a sua volta a giudizio per favoreggiamento personale), affinché favorisse i piani dell’acciaieria. In questo modo, sostiene la Procura, l’ex governatore avrebbe consentito all’azienda di continuare a produrre, senza ridurre le emissioni inquinanti, come invece suggerito dalla stessa Arpa in una nota del 21 giugno 2010 (stilata dopo una campionatura che aveva rilevato picchi di benzoapirene).

 

L’udienza preliminare ha invece prosciolto dalle accuse Lorenzo Nicastro, ex assessore regionale all’Ambiente, Giovanni Bardaro, carabiniere in servizio alla sezione di polizia giudiziaria della Procura, e l’avvocato Donato Perrini.

 

 

In una nota stampa Vendola ha commentato così le accuse:

 

“Sarei insincero se dicessi, come si usa fare in queste circostanze, che sono sereno.

Sento come insopportabile la ferita che mi viene inferta da un’accusa che cancella la verità storica dei fatti: quella verità è scritta in migliaia di atti, di documenti, di fatti. Io ho rappresentato la prima e l’unica classe dirigente che ha sfidato l’onnipotenza dell’Ilva e che ha prodotto leggi regionali all’avanguardia per il contrasto dell’inquinamento ambientale a Taranto […] Mi aspettavo che l’inconsistenza del teorema accusatorio producesse il mio proscioglimento già a conclusione dell’udienza preliminare. Per chi come me crede nei valori della giustizia e della legalità oggi è un giorno di delusione e di amarezza. Ma vado a processo con la coscienza pulita  di chi sa di aver sempre operato per il bene comune. Come sempre mi difenderò nel processo e non dal processo”.