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Moringa oleifera, una pianta tuttofare

Immaginate il vostro giardino, con al centro un albero. Che ne direste se questo albero fosse in grado di soddisfare il vostro palato, di prendersi cura di voi dal punto di vista “medico”, di rispondere alle vostre esigenze energetiche e di purificare l’acqua che bevete?
Stiamo parlando di una pianta chiamata _Moringa oleifera,_ la specie maggiormente coltivata della famiglia delle Moringacee, nativa del Pakistan, Bangladesh, Afghanistan e della zona sub-Himalayana; utilizzata da secoli da molte popolazioni dell’Africa e dell’India settentrionale, e prima ancora dagli antichi romani, greci ed egiziani, attualmente la Moringa è ben distribuita in molte regioni tropicali, dai Caraibi alle Isole del Pacifico, dalla Florida all’America latina, dal Sudan alle Filippine, dall’India all’Etiopia. E’ una specie, infatti, che non solo cresce molto rapidamente (il primo anno raggiunge i 3 metri di altezza), ma che si adatta bene anche ad ampi range sia di piovosità (da 25 a oltre 300 cm di pioggia l’anno) che di pH del suolo (da pH 5 a pH 9). E inoltre è una pianta multi-proprietà, sia perché tutte le sue parti sono edibili, sia perché è potenzialmente utilizzabile in varie applicazioni ambientali.
Dal punto di vista alimentare la _Moringa oleifera_ offre importanti vantaggi: nei paesi in via di sviluppo rappresenta un’ottima arma contro la malnutrizione, poiché proprio nelle zone tropicali questo albero è in pieno sviluppo _fogliare_ strategicamente alla fine della stagione secca, proprio quando altre coltivazioni sono tipicamente scarse. Le foglie possono essere mangiate sia fresche, come fossero insalata, sia sotto forma di polvere essiccata, mantenendo elevate proprietà nutritive; 100 g di foglie fresche contengono 3 volte il ferro contenuto nella stessa quantità di spinaci, tante proteine quanto 100 g di uova, 4 volte la quantità di vitamina A delle carote e 7 volte quella di vitamina C delle arance, 4 volte più calcio che il latte e 3 volte più potassio che 100 g di banane. Ulteriore vantaggio è che non solo le foglie, ma anche i semi, dal sapore simile agli asparagi, i fiori, che ricordano l’aroma dei funghi, le radici e i frutti possono essere mangiati. Se da un lato però la ricerca scientifica conferma le proprietà nutritive di tutte le parti della _Moringa oleifera_, dall’altro il suo uso in campo medico a scopo preventivo e terapeutico non è supportato da altrettanti studi. La famiglia delle Moringacee è di certo ricca in una serie di composti chimici chiamati isotiocianati e glucosinolati contenti ramnosio, uno zucchero semplice, e zolfo, simili a composti chimici trovati in altre piante di cui è nota l’attività terapeutica; i test clinici effettuati per verificare le proprietà farmaceutiche della Moringa tuttavia non hanno ancora raggiunto gli standard “occidentali” richiesti quando si parla di composti biologicamente attivi sull’uomo e quindi al momento c’è un po’ di incertezza. Tuttavia da secoli la medicina ayurvedica indiana si basa su questa pianta.

Anche sul campo della sostenibilità la Moringa si gioca bene le sue carte. I semi, ad esempio, possono essere usati per due importanti applicazioni: essendo molto ricchi in lipidi, possono essere spremuti per la produzione (oltre che di olio alimentare) di olio combustibile (biodiesel) e i residui possono essere utilizzati per purificare le acque. I semi di Moringa contengono dal *33 al 41% in peso di olio,* circa come i semi di girasole (40-50%); l’olio è però caratterizzato per più del 70% da acido oleico (come l’olio di oliva, circa il doppio dell’olio di colza e il triplo dell’olio di girasole) e da una notevole percentuale di acidi grassi saturi (24%), con circa il 7% di acido beenico da cui il nome commerciale “ben oil”. L’alto contenuto di acidi grassi saturi e di acido oleico garantisce una serie di vantaggi, come un elevato numero di cetano (67.07, superiore al minimo richiesto dall’EN e dall’ASTM), indicatore di un buon comportamento come combustibile in fase di accensione, e valori di viscosità cinematica (4.83 mm2/s) e di stabilità ossidativa (3.6 ore) entro i limiti imposti dagli standard. Il biodiesel ottenibile dai semi di _Moringa oleifera_ è quindi di ottima qualità.
Ma la filiera non finisce qui, perché una volta che l’olio è stato estratto, i residui dei semi pressati possono essere usati come flocculanti naturali a basso costo. Uno studio del 2010 pubblicato dalla *_Clearinghouse: Low-cost Water Treatment Technologies for Developing Countries_* ha riportato ciò che le popolazioni rurali di certe zone dell’Africa sapevano già da tempo: i semi di _Moringa oleifera_ possono ridurre dal 90 al 99% il carico batterico di acque non trattate e dall’80% al 99.5% la torbidità. I semi infatti, non solo sono ricchi di olio, ma danno anche residui molto ricchi in proteine. Una volta che i residui sono stati seccati e triturati, rilasciano questi polipeptidi che si comportano come ottimi agenti flocculanti solubili in acqua poiché ai valori di pH tipici delle acque naturali sono carichi positivamente (hanno un punto isoelettrico superiore a 10); utilizzando le cariche positive, i polipeptidi si “legano” alle particelle sospese nelle acque neutralizzandole, creando una sorta di sospensione colloidale e formando degli aggregati più grandi che posso includere al loro interno i microorganismi patogeni. Le acque possono essere così “chiarificate” senza alcuna alterazione chimico-fisica della qualità dell’acqua stessa, riducendo contemporaneamente sia il carico batterico che il contenuto di metalli come ferro e manganese, producendo un fango facilmente biodegradabile.
Ma quanti semi servono? Ogni albero di _Moringa oleifera_ produce ogni anno 15000-25000 semi. Il peso medio di ogni seme è circa 0.3 g, di cui circa il 25% è guscio. Per chiarificare acque molto torbide servono circa 400 mg di semi per litro di acqua (cioè poco più di 1 seme triturato al litro), invece per acque poco torbide bastano 50 mg di semi per litro (cioè meno di un quarto di seme). Per il trattamento di depurazione delle acque di un villaggio con 10000 abitanti, sono necessari circa 960 kg si semi tritati al giorno; questo si traduce in una piantagione di circa 105 ettari con 1100 alberi di Moringa per ettaro. Considerando che la _Moringa oleifera_ è un albero multi-uso, di certo questi sono numeri “sostenibili”.

Alcuni esempi concreti. In Malawi, dal 1994 al 1997, i ricercatori dell’università di Leicester e di Edimburgo, hanno messo a punto un sistema di trattamento delle acque a scala centralizzata sostituendo il solfato di alluminio, tipico agente flocculante per il trattamento delle acque, con carboni attivi derivanti dai semi di Moringa. Questo sistema, garantendo una riduzione della torbidità del 99% e con 60 m3 di acqua trattati all’ora, non solo è risultato tanto efficiente quanto i metodi tradizionali di chiarificazione delle acque, ma soprattutto ha incontrato l’entusiasmo e la collaborazione della popolazione dei villaggi malawiani: i locali, infatti, sono stati ben felici di auto-produrre l’agente flocculante loro necessario per avere acqua potabile semplicemente coltivando una pianta che conoscono da sempre.
E ancora in Nigeria nel 2004, nell’ambito del progetto *“Rural Africa Water Development Project”,* sono stati costruiti 78 filtri _“Mor-Sand”_ (“Mor” per Moringa e “Sand” per sabbia) di medie dimensioni e distribuiti a comunità rurali per il trattamento su scala domestica delle acque ad uso potabile. Questi filtri, costituiti da un piccolo strato di 2 cm di semi di Moringa tritati, seguito da uno strato di sabbia fine, uno di sabbia più grossolana e uno di pomice sul fondo, hanno garantito una produzione di circa 80 L di acqua potabile al giorno.
Svantaggi? Qualcuno: il processo di chiarificazione via semi di Moringa è poco efficace su acque poco torbide poiché gli aggregati che si formano tra i polipeptidi rilasciati dai semi e la materia organica in sospensione risultano troppo piccoli e leggeri per inglobare microrganismi ed altre particelle. Il dosaggio è quindi variabile in funzione della qualità iniziale dell’acqua. Inoltre anche il momento di raccolta dei semi e la zona geografica in cui cresce la pianta sono importanti poiché i semi raccolti durante la stagione umida contengono meno polipeptidi di quelli raccolti nella stagione secca, così come piante coltivate in zone diverse danno una diversa efficienza.

Infine l’utilizzo dei semi non consente di ottenere il 100% di rimozione dei microrganismi patogeni presenti nell’acqua, ed è quindi necessario un processo di disinfezione aggiuntivo per eliminare del tutto il carico batterico.
Di certo la _Moringa oleifera_ non è da ritenersi come la panacea per tutti i mali. Tuttavia il suo multi-utilizzo sostenibile può migliorare la qualità della vita di moltissime persone fornendo cibo e benefici aggiuntivi. Nei paesi poveri di Africa, Asia e America latina, circa 1.4 miliardi di persone vivono in condizioni di estrema povertà e la maggior parte di queste persone, per soddisfare le proprie esigenze, può basarsi solo su acque superficiali altamente torbide e ricche in agenti patogeni virali e batterici. Si stima che circa 2 milioni di persone muoiano ogni anno per malattie legate al consumo di acque contaminate, per lo più bambini al di sotto dei 5 anni. In questo caso un po’ di giustizia sociale c’è perché la _Moringa oleifera_ cresce proprio in quelle zone del mondo dove c’è più bisogno di acqua pulita a basso costo e quindi può essere un validissimo strumento per risolvere, se non tutti i mali, buona parte di essi.