Montecitorio ha votato la fiducia al decreto Omnibus contenente la moratoria di un anno alla realizzazione di impianti nucleari. A rischio di cancellazione così il quesito proposto dall’Italia dei Valori per il referendum del 12 e 13 giugno
“Abbiamo deciso di aspettare che ci sia un’opinione pubblica più consapevole della necessità del nucleare”. Con queste parole il premier Berlusconi aveva affrontato la questione del ritorno all’atomo in Italia lo scorso 26 aprile, durante l’incontro a Villa Madama con il presidente francese Nicolas Sarkozy. L’incidente alla centrale giapponese di Fukushima ha fatto fare un passo indietro a molti paesi a livello internazionale. Ma in Italia a pesare è soprattutto un’opinione pubblica in cui la catastrofe nipponica ha fatto inevitabilmente riaffiorare il ricordo di Cernobyl e che con quest’animo si sarebbe trovata a esprimere la propria opinione sul nucleare italiano al *referendum del 12 e 13 giugno*. Il condizionale è d’obbligo perché dallo stesso incontro sopracitato era emersa la chiara intenzione del governo di optare per una moratoria alla realizzazione di impianti di produzione di energia nucleare, dal momento che un voto alle attuali condizioni avrebbe significato che “il nucleare sarebbe stato impossibile in Italia per anni”. L’intenzione si è tradotta nel tanto criticato *decreto Omnibus* sul quale il Consiglio dei Ministri dello scorso 19 maggio ha deciso di porre la fiducia e che introduce, tra le altre cose, anche uno stop di un anno al nucleare. Il provvedimento è stato votato oggi a Montecitorio: 313 sì contro 291 no che mettono, di fatto, un grande punto interrogativo sul referendum ormai prossimo e sulla possibilità di raccogliere l’espressione popolare.
Per fare chiarezza, il quesito relativo al nucleare, proposto dall’Italia dei Valori *prima della catastrofe giapponese*, chiede, o avrebbe chiesto, ai cittadini “Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: *realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare*”. Tuttavia, se le norme oggi approvate adempiessero effettivamente a tutte le richieste del referendum, si dovrebbe procedere all’annullamento del quesito. La questione è ora in mano alla Corte di Cassazione che, dopo la firma del presidente Napolitano, dovrà confermare o meno la validità del quesito referendario.
“Civiltà e democrazia calpestate in un colpo solo”. Senza mezzi termini *Legambiente* commenta in questo modo il voto di fiducia al dl Omnibus. “Questo Governo cancella in un colpo i diritti acquisiti in molti anni di democrazia dai cittadini. Ci impedisce di votare e di esprimere la nostra opinione sul futuro, e per non rischiare di vedere minacciato il proprio subdolo piano di riproporre a breve il nucleare, scongiura anche il rischio di ogni confronto parlamentare”. Le critiche sono dirette verso la decisione di abrogare solo alcuni punti della legge sul piano di rilancio del nucleare, “lasciando però furbescamente aperta una porta per reinserire l’atomo in un momento magari meno problematico e più distante dalle elezioni”.
Gli fa eco il *WWF Italia*, che aggiunge: “A questa forzatura con cui il Governo cerca di imporsi, non solo sul confronto democratico in Parlamento, ma anche sul diritto di voto dei cittadini, si aggiunge inoltre l’oscuramento da parte dei media, tranne qualche rara eccezione, dell’appuntamento referendario del 12 e 13 giugno. Un’omertà che va a ledere il diritto all’informazione e che è stata favorita, prima con l’approvazione con un mese di ritardo del regolamento per la RAI, poi con la ‘costrizione’ dell’informazione sui referendum in fasce d’ascolto a dir poco irrisorie”.