Nel nuovo impianto verranno lavorate circa 10mila tonnellate di batterie ogni anno, processo che permetterà di restituire al mercato circa 8 ton di materie prime e seconde, evitando di dover mandare le pile esauste in Francia e Germania
(Rinnovabili.it) – L’Italia dà il benvenuto al *primo impianto per lo smaltimento delle pile alcaline e zinco-carbone* sul territorio nazionale, dove verranno trattate circa 10 mila tonnellate all’anno di batterie esauste che attualmente vengono trasportate, per essere smaltite correttamente, fino agli impianti presenti in Francia e in Germania.
“A brevissimo daremo il via al nuovo impianto, proprio nel momento in cui, a causa di un incidente che ha messo fuori uso il grosso impianto francese Feursmetal facente capo a Valdi, nonché la chiusura per bancarotta di Citron – altro primario impianto francese – l’Italia si sarebbe potuta trovare davanti ad un’emergenza di non facile soluzione”, annuncia Alfredo Ardenghi titolare di S.E.Val, azienda che ha fornito i dispositivi di recupero.
Il nuovo impianto, localizzato nella provincia di Lecco, si affida dunque ad una delle aziende esperte nel recupero delle apparecchiature elettriche ed elettroniche per avviare un impianto dove verranno recuperate le materie prime e seconde derivanti dalla lavorazione delle normali pile esauste, la cui raccolta tocca ormai quota 16mila tonnellate annue. “Un simile quantitativo rappresenta un vero pericolo per l’ambiente, ma anche una rilevante *fonte di materie prime-seconde che possono essere reintrodotte nel ciclo produttivo*”, prosegue Ardenghi che ha specificato il funzionamento dell’impianto dichiarando “Abbiamo voluto adottare un procedimento di recupero di tipo _“idrometallurgico”_ basato sull’utilizzo di acqua che, a fronte di un impatto ambientale praticamente nullo, permette di ottenere un recupero quasi totale della pila: circa il 95 per cento in peso”, spiega l’imprenditore. “In Europa, la maggior parte degli impianti è invece di tipo _“pirometallurgico”, tecnica che si basa sull’utilizzo di forni ed elevate temperature, comporta un elevato consumo di energia, un elevato impatto ambientale e garantisce limitate percentuali di recupero del materiale”. La tecnica della della S.E.Val, meno energivora, è nata invece grazie alla collaborazione con l’università La Sapienza di Roma e l’università degli Studi dell’Aquila.
Una volte suddivise per tipologia e composizione le pile vengono trattate in maniera diversa a seconda delle componenti attraverso processi meccanici che separano il metallo che compone l’involucro dalle eventuali parti plastiche e dalla pasta della pila, che in gergo viene chiamata _“black mass”_ (carbonio, zinco e manganese) andando a recuperare il 70% della batteria con la possibilità di *restituire al mercato 8mila tonnellate di materie prime-seconde* ogni anno pronte per essere riutilizzate.