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Innovazione: la CO2 atmosferica si trasforma in grafene

Un team di ricercatori sostituisce il metano con l'anidride carbonica come fonte di carbonio per la produzione del grafene

co2 grafene
Credit: AlexanderAIUS (Wikimedia Commons) – (CC BY-SA 2.0)

 

Riciclare la CO2 atmosferica nell’elettronica: il sogno del KIT

(Rinnovabili.it) – La CO2 atmosferica di origine antropica è dipinta da molti come il cattivo del 21° secolo. Ma c’è qualcuno che è pronto a cambiargli ruolo trasformandola addirittura nell’eroe di quest’era tecnologica: il grafene. Succede in Germania, dove un gruppo di scienziati dell’Istituto di tecnologia di Karlsruhe (KIT) ha sviluppato un modo semplice per trasformare l’anidride carbonica in una risorsa utile.

 

Versatile e multiuso, il grafene rappresenta uno dei materiali in richiesto in ambito tecnologico la produzione su scala industriale tuttavia è ancora un problema, nonostante la sua apparentemente semplice: un foglio bidimensionale di atomi di carbonio. All’inizio il grafene veniva realizzato “affettando” la grafite, ma negli ultimi anni gli scienziati sono riusciti a produrlo con diverse tecniche, dall’incisione laser del legno allo sfruttamento della corteccia di eucalipto (leggi anche Dall’Australia grafene “verde” ottenuto grazie alla corteccia).

 

Oggi il metodo più comune sfrutta la deposizione chimica da fase vapore (chemical vapor deposition): questa tecnica utilizza un substrato metallico, solitamente rame, riscaldato oltre i 1000 °C, sulla cui superficie il carbonio cristallizza sotto forma di grafene, all’interno di una camera con atmosfera attiva di metano ed idrogeno. La tecnica del team KIT funziona allo stesso modo, ma utilizza la CO2 atmosferica come fonte di carbonio al posto del metano. In questo caso, anidride carbonica e idrogeno riempiono la camera, mentre il substrato è un wafer fatto di rame e palladio.

 

“Se la superficie metallica mostra il corretto rapporto tra rame e palladio, la conversione dell’anidride carbonica in grafene avverrà direttamente in un semplice processo in un’unica fase”, spiega Mario Ruben, a capo del gruppo di ricerca del KIT. Il team è riuscito a dimostrare la validità del processo e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista ChemSusChem. In ulteriori esperimenti i ricercatori sono stati persino in grado di produrre grafene con diversi strati di spessore, il che potrebbe essere interessante per le possibili applicazioni in batterie, componenti elettronici o materiali filtranti. Il prossimo obiettivo del gruppo di lavoro è quello di formare componenti elettronici funzionanti direttamente dal nuovo grafene.