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Dal CNA le ‘Zone-Zero’ per sperimentare la riqualificazione

Aree a grave rischio idrigeologico e sismico, trasformate in validi esempi dove le uniche regole siano: zero consumo del suolo, sicurezza, energia acqua e rifiuti zero e mobilità sostenibile

(Rinnovabili.it) – “Identificare e perimetrare – con la collaborazione di alcuni Comuni, e ci sono già i possibili candidati – aree a grave rischio idrogeologico o sismico, nelle quali  la situazione di degrado del patrimonio edilizio si accompagni a quella sociale; disegnare, su queste ‘Zone-Zero’, un masterplan che abbia il compito di definirne esclusivamente le volumetrie ed i profili, indipendentemente dalla pianificazione già approvata, lasciando che le uniche regole siano: il consumo del suolo a zero, la sicurezza sismica, la passivazione degli edifici, il ciclo dei rifiuti risolto alla fonte, una mobilità alternativa, il risparmio idrico, il rispetto dei vincoli monumentali”. Queste le parole del Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Leopoldo Freyrie, nel corso della presentazione del primo rapporto Ance-Cresme “Rischio sismico e rischio idrogeologico: la sfida italiana”.

Secondo il CNAPPC, l’identificazione di queste Zone-Zero non vincolate da nuove complesse norme, permetterebbe di accelerare le autorizzazioni per gli interventi di riqualificazione servendosi prima di tutto di finanziamenti privati ed accedendo ad uno strumento finanziario sostituito con la Cassa Depositi e Prestiti. “Strumento che, mettendo a reddito i risparmi energetici e gli aumenti di volumetria, sia in grado di finanziare gli interventi del grande player immobiliare, così come del singolo cittadino. Gli oneri dovuti ai Comuni sarebbero destinati, in via esclusiva e fuori dal Patto di Stabilità, a risolvere le cause del dissesto idrogeologico e a ridisegnare gli spazi pubblici. Con strumenti come questi la KfW (la Cassa Depositi tedesca) ha messo in campo investimenti di rigenerazione urbana per 60 miliardi di euro, ricavandone anche un utile economico”.

Visto che oltre il 60% del patrimonio edilizio italiano è ormai vecchio ed obsoleto, il  Presidente Freyrie sottolinea l’urgenza di avviare un processo di ricostruzione capillare, di manutenzione dell’esistente e di prevenzione del dissesto idrogeologico, per evitare di provocare ulteriori danni o, peggio ancora, vittime.

“Avviare sperimentazioni che non abbiano bisogno di nuove norme – conclude Freyrie – vuole ovviare ai tempi troppo lunghi della burocrazia,  nella consapevolezza che ci vorrebbero anni per approvare una Legge nazionale sull’assetto del territorio e  un Testo Unico per l’edilizia; nasce soprattutto dalla consapevolezza che gli investimenti pubblici non potranno che essere solo di modesta entità.”