Microplastiche nel cibo: come mangiare una carta di credito a settimana
12 Giugno 2019•Tempo di lettura: 2minuti
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Uno studio del WWF sulla quantità di particelle di plastica che finiscono nell'alimentazione lancia l'allarme: ingeriamo fino a 5 grammi ogni settimana, l'equivalente di una carta di credito.
Microplastiche nel cibo: solo bevendo acqua in bottiglia si possono assumere fino a 1.769 particelle ogni settimana
(Rinnovabili.it) – Microplastiche nel cibo: come mangiare una carta di credito a settimana. Tale è il quantitativo di particelle di plastica che finisce nel corpo umano tramite l’alimentazione secondo uno studio realizzato dall’Università australiana di Newcastel commissionato da WWF International.
La ricerca si basa sulle conclusioni di 52 diversi studi scientifici: la grande diffusione nell’ambiente di frammenti microscopici di plastica causerebbe l’ingestione media di 5 grammi ogni settimana, l’equivalente del peso di una carta di credito.
La maggiore quantità di particelle di plastica assunte dall’uomo proviene dal consumo di acqua in bottiglia e di molluschi, generalmente ingeriti interi, senza considerare la quantità di plastica assorbita da questi “filtri del mare” durante la loro permanenza in acqua: secondo lo studio commissionato dal WWF, il consumatore medio può ingerire fino a 1.769 particelle di plastica ogni settimana semplicemente bevendo acqua in bottiglia (la ricerca dell’Università canadese stima in 130 mila le particelle annue assimilabili tramite l’acqua in bottiglia, contro le 4 mila ingeribili bevendo solo acqua da rete idrica).
Negli Stati Uniti, il 94,4% delle acque in bottiglia analizzate conteneva fibre di plastica con una media di 9,6 fibre per litro. In Europa, la percentuale di bottiglie contaminate scende al 72,2% con una media di 3,8 fibre di plastica a litro.
Il report spiega l’enorme diffusione delle particelle inquinanti con l’incremento di produzione avvenuto negli ultimi 20 anni: a partire dal 2000, la plastica prodotta in tutto il mondo è stata pari a quella immessa nel mercato dall’invenzione di questo materiale (da parte di un italiano, Giulio Natta, nel 1954), di cui almeno 1/3 si trova disperso nell’ambiente.
Di qui il WWF lancia una petizione per richiedere urgentemente l’adozione entro il 2030 di un regolamento sottoscritto da ogni Paese del mondo per contrastare l’inquinamento da plastica e per liberare gli oceani (e i nostri corpi) dal pericolo dei mircoframmenti inquinanti.