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ISDS: l’arma delle multinazionali contro l’ambiente

Il meccanismo ISDS consente alle imprese private di chiedere indennizzi ai governi, contrastare politiche sull'ambiente, la salute, l’energia

ISDS l’arma delle multinazionali contro l'ambiente

 

(Rinnovabili.it) – Ambiente, energia e servizi pubblici sono sotto attacco: i governi dell’UE sono stati costretti a pagare più di € 3.5 miliardi di risarcimenti alle imprese private, perché condannati da corti di arbitrato internazionale. Lo riporta un dossier di Friends Of the Earth, intitolato Hidden Cost of Eu Trade Deals. Ma questi sono soltanto i dati relativi a 14 dei 127 processi che gli Stati hanno dovuto subire dal ’94 a oggi, e che la Ong ha potuto contare. Anche se il denaro sborsato proviene dalle tasche dei contribuenti, infatti, la maggior parte dei dati relativi a queste cause non è pubblica: ecco perché Friends Of the Earth sospetta che siano molte di più. I dettagli, invece, si conoscono unicamente per questo 11% dei 127 casi censiti, mentre dati più generici arrivano a mapparne il 48%, cioè 62, in cui le aziende rivendicano dal pubblico crediti per un totale di 30 miliardi di euro.

Ma le sentenze non comportano soltanto un esborso monetario: spesso gli Stati devono anche rinunciare a normative ambientali e sociali troppo stringenti, perché in contrasto con le aspettative di profitto delle imprese. La ricerca indica che circa il 60 per cento delle 127 cause (ossia 75), interessa questioni ambientali. I Paesi più bersagliati (75% dei casi) sono quelli dell’Europa centrale e orientale, la maggior parte dei quali ha aderito all’UE tra il 2004 e il 2007.

 

ISDS- l’arma delle multinazionali contro l'ambiente

 

Giustizia privata

Come è possibile che un tale fiume di denaro dei contribuenti finisca in indennizzi per compagnie private che operano in contrasto con i regolamenti a tutela dell’ambiente, della salute, dei diritti civili? Tutto nasce da un capolavoro di ingegneria giudiziaria, chiamato ISDS (Investor-to-State Dispute Settlement). Si tratta di un meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore privato, contenuto in quasi tutti i trattati bilaterali (BITS) firmati dai governi dell’Unione tra di loro o con altre nazioni. Lo strumento consente alle aziende di adottare misure legali contro il potere pubblico se ritengono di aver ricevuto un trattamento ingiusto, se pensano di essere state discriminate a favore di imprese nazionali, oppure se considerano una nuova legislazione discriminatoria e d’inciampo per il loro business.

Il ricorso non coinvolge il sistema giudiziario nazionale o sovranazionale – come la Corte internazionale di giustizia e la Corte di giustizia dell’Unione europea – ma chiama in causa un tribunale terzo, il cui giudizio è insindacabile e le modalità operative piuttosto opache. Innanzitutto, come denuncia Friends Of The Earth, le udienze non sono pubbliche. Poi non esiste la possibilità di ricorrere in appello. I tribunali sono composti da collegi di tre membri, scelti volta per volta da un pool di poche centinaia di avvocati d’affari. Ciascuna parte nomina il proprio difensore (stipendio medio: 700 dollari l’ora) e quindi entrambe concordano la scelta del giudice. L’avvocato che difende l’investitore in un processo, può indossare i panni del giudice in quello seguente, una prassi che presta il fianco a gravi conflitti di interesse. La maggior parte delle udienze ha luogo presso l’ICSID, il Centro internazionale per il regolamento delle controversie sugli investimenti: è un’istituzione del Gruppo della Banca mondiale, fondata nel 1966, con sede a Washington. Un numero più ridotto si svolge davanti all’UNCITRAL, la Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale, nata anch’essa nel ’66 e cooperante con la WTO (World Trade Organization).

 

ISDS l’arma delle multinazionali contro l'ambiente_

 

La nascita del mostro

Lo strumento dell’ISDS nacque nel 1950, quando la Germania firmò con il Pakistan il primo trattato bilaterale contenente la clausola di risoluzione delle controversie investitore-Stato. In quel momento il governo tedesco intendeva tutelare i propri gruppi privati, vogliosi di investire in un Paese meno sviluppato ma timorosi di incappare in una nazionalizzazione da parte del governo pakistano. Cosa che in quel periodo capitava spesso, per il risentimento di autorità locali maldisposte verso lo sfruttamento delle proprie risorse naturali ad opera delle potenze occidentali. Numerose espropriazioni ai danni di aziende e imprese straniere hanno portato gli europei ad escogitare l’ISDS, una clausola giudiziaria da inserire nei trattati commerciali per tutelare i propri investitori.

Oggi le multinazionali hanno scampato il pericolo. Ormai quasi tutti i Paesi in via di sviluppo hanno aperto i loro mercati agli investitori stranieri. Eppure le cause davanti all’ICSID, invece di diminuire sono cresciute a dismisura negli ultimi 30 anni. Merito degli avvocati che, annusato il business, sono riusciti a incunearsi nei vuoti giuridici sfruttando definizioni troppo vaghe dei principi relativi agli investimenti, come la “non discriminazione”, l’“espropriazione indiretta” o il “trattamento giusto ed equo”.

Grazie ad interpretazioni molto estensive di questi concetti, l’ISDS è diventato l’arma delle multinazionali contro la sovranità degli Stati. Uno strumento grazie al quale qualsiasi politica può essere contrastata per vie legali, con l’intento di accumulare denaro pubblico anche soltanto con i processi. Di solito, infatti, gli Stati li perdono.

 

ISDS l’arma delle multinazionali contro l'ambiente--

 

Il cavallo di troia del Ttip

Chissà come finirà fra il gigante energetico svedese Vattenfall, che ha citato in giudizio proprio la Germania (chi di spada ferisce…), “colpevole” di aver deciso l’abbandono della produzione di energia nucleare nel 2022. Appena il Parlamento tedesco si è espresso in materia, Vattenfall, che gestisce due centrali nucleari in Germania, ha fatto partire la denuncia, chiedendo indennizzi per 4.7 miliardi di euro. Il suo Paese di origine, infatti, ha firmato un trattato bilaterale sul commercio e gli investimenti con i tedeschi, e può usufruire dell’ISDS.

Stessa cosa per l’azienda americana Lone Pine Research, che ha citato in giudizio il Canada perché il Quebec aveva votato una moratoria sul fracking.

La Commissione europea ha intenzione di includere l’ISDS nel negoziato sul Ttip, il trattato commerciale in discussione tra Stati Uniti e Unione. Ma le gravi ricadute che potrebbe comportare hanno scatenato forti proteste, a seguito delle quali Bruxelles ha deciso di fermare il negoziato e aprire una consultazione pubblica su questo capitolo. La consultazione è durata sei mesi ed ora si è chiusa: il nuovo commissario al Commercio, Cecilia Malmstrom, ha promesso di presentare una relazione entro la fine del 2014, ma ha indicato che non sarà presa alcuna decisione politica sul futuro dell’ISDS prima della primavera 2015.