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L’inquinamento atmosferico riduce di 20 mesi l’aspettativa di vita dei bambini

L'impatto dell'aria inquinata sulle categorie più fragili (bambini, anziani, malati cronici, persone che vivono in povertà) nel report State of Global Air 2019

aspettativa di vita bambiniPer i bambini che vivono in Paesi in via di sviluppo la riduzione dell’aspettativa di vita arriva fino a 30 mesi; nelle nazioni sviluppate “solo” a 5 mesi

 

(Rinnovabili.it) – L’inquinamento atmosferico riduce di 20 mesi l’aspettativa di vita media dei bambini in tutto il mondo: a sostenerlo è l’annuale rapporto State of Global Air, redatto dalla ONG Health Effects Institute e dall’Institute for Health Metrics and Evaluation con il contributo di esperti della University of British Columbia. Secondo il report, l’inquinamento atmosferico è stato responsabile di un decesso su dieci nel 2017, una percentuale maggiore rispetto a malattie come la malaria o agli incidenti automobilistici, comparabile solo con la quantità di decessi collegabile con il fumo.

 

In regioni particolarmente inquinate, come parte dell’Asia, l’aspettativa di vita dei bambini rischia di venire accorciata anche di 30 mesi a causa dell’inquinamento atmosferico, 24 mesi nell’Africa sub sahariana: a determinare l’accorciamento dell’aspettativa di vita sarebbero il mix di agenti inquinanti causati dalle emissioni di traffico e industrie a cui aggiungere i livelli di insalubrità dell’aria nelle abitazioni.

Stesso discorso, anche se con numeri molto più contenuti, anche nei Paesi più sviluppati che potrebbero vedere l’aspettativa di vita dei propri bambini diminuire di 5 mesi a causa dell’inquinamento atmosferico.

 

“Questi dati dipingono uno scenario cupo rispetto all’influenza dell’aria inquinata sulla salute dei gruppi più vulnerabili della società, in particolare dei bambini– ha commentato Alastair Harper, legale specializzato in tematiche ambientali e di salute presso l’Unicef ​​UK – Continuiamo a raccogliere prove che dimostrano correlazioni tra esposizione ad aria tossica e basso peso alla nascita, riduzione dello sviluppo del polmone e asma infantile”.  

 

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Non solo bambini, lo studio sottolinea come tutte le categorie sensibili siano a rischio: nel 2017, nove decessi su 10 di persone ultracinquantenni sono relazionabili all’esposizione ad aria inquinata e il trend sarebbe in continua crescita in tutto il mondo.

Ancora, il report spiega che l’inquinamento atmosferico rappresenta uno dei fattori determinanti per il 41% dei decessi causati da malattie polmonari ostruttive croniche, per il 20% di quelli legati al diabete di tipo 2, per il 19% di morti causate da cancro ai polmoni, per il 16% da decessi causati da cardiopatia ischemica e per l’11% di morti da ictus.

 

La disparità tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo diventa macroscopica quando si tratta di polveri sottili: i livelli di esposizione al particolato PM2.5 delle popolazioni residenti in nazioni in via di sviluppo è fino a 4-5 volte maggiore rispetto a coloro che vivono nella parte benestante del mondo. Tra i Paesi dove i livelli di PM2.5 risultano più bassi ci sono Stati Uniti, Norvegia, Canada, Svezia e Nuova Zelanda; al vertice  opposto, Nepal e India registrano percentuali di PM2.5 doppie rispetto alla Cina.

Secondo il report, 3,6 miliardi di persone sarebbero esposte ad altissimi livelli d’inquinamento atmosferico domestico dovuto, in particolar modo, all’utilizzo di carburanti solidi, come le biomasse, per la preparazione di cibo e per il riscaldamento.

 

Nei Paesi sviluppati preoccupano gli alti livelli di ozono presente a livello strada, causato da ossido d’azoto e altri inquinanti emessi da veicoli e da processi industriali: di qui, la conclusione dei promotori del report che invitano i decisori politici a investire in fonti energetiche alternative e rinnovabili e di incentivare il passaggio alla mobilità a zero emissioni.

 

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