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L’ultimo allarme del WMO: rischio di più 3-5°C nelle temperature globali

Elena Wanaenkova “Questi sono più che semplici numeri: ogni frazione di grado di riscaldamento fa la differenza”

temperature globali

 

L’ultimo allarme ONU sulle temperature globali prima della COP 24 in Polonia

(Rinnovabili.it) – La crescita delle temperature globali terrestri non mostra segni di rallentamento: di questo passo, per la fine del secolo, il termometro mondiale segnerà dai 3° ai 5° C di aumento. Vale a dire ben oltre la soglia di più 1,5° C consigliata dal mondo scientifico. A solo un giorno dall’inizio della COP 24 sui cambiamenti climatici di Katowice, l’agenzia meteorologica delle Nazioni Unite, la World Meteorological Organization (WMO) rinnova le preoccupazioni verso la diffusa inazione.

Dall’intesa climatica raggiunta nel 2015 durante la COP21 (e messa nera su bianco nell’Accordo di Parigi) a oggi, si contano più passi indietro che avanti: i primi impegni nazionali presentati per ridurre la CO2 sono ben lontani dall’obiettivo; gli USA vogliono ritirarsi fuori dall’accordo e il Brasile potrebbe chiedere altrettanto; dopo alcuni anni di calo, le emissioni di gas serra sono tornate a crescere toccando un livello record e i sussidi ai combustibili fossili godono di ottima salute.

Non siamo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi climatici e frenare gli aumenti di temperatura”, ha dichiarato il segretario generale del WMO, Petteri Taalas. “Le concentrazioni di gas serra sono ancora una volta ai livelli record e se la tendenza attuale dovesse continuare, potremmo assistere a un aumento della temperatura di 3-5° C entro la fine del secolo. E se dovessimo sfruttare tutte le risorse conosciute di combustibili fossili, l’aumento della temperatura sarà considerevolmente più alto”.

 

L’organizzazione ha pubblicato ieri la “Dichiarazione provvisoria sullo Stato del Clima nel 2018”, una relazione che include tutti i dettagli degli impatti climatici sulla base dei contributi dei partner ONU.

Il documento mostra che le temperature globali medie per i primi dieci mesi dell’anno sono state di circa 1° C sopra la linea di base preindustriale (1850-1900). Dati che confermano, se ce ne fosse bisogno, quanto già riportato dal report IPCC. “Questi sono più che semplici numeri”, ha spiegato il Segretario generale Elena Wanaenkova. “Ogni frazione di grado di riscaldamento fa la differenza per la salute umana e l’accesso al cibo e all’acqua dolce, per evitare l’estinzione di animali e piante, per la sopravvivenza delle barriere coralline e della vita marina. Fa la differenza per la produttività economica, la sicurezza alimentare e la resilienza delle nostre infrastrutture e città. Fa la differenza per la velocità della fusione del ghiacciaio e delle risorse idriche e per il futuro delle isole basse e delle comunità costiere. Ogni elemento in più conta”.

 

Aspetti salienti della Dichiarazione provvisoria sullo Stato del Clima

Temperature: il 2018 è iniziato con un debole evento di La Niña, che è proseguito fino a marzo. A ottobre, tuttavia, le temperature della superficie del mare nel Pacifico tropicale orientale mostravano segni di ritorno alle condizioni di El Niño, anche se l’atmosfera mostra ancora scarsa risposta (leggi anche Clima, ONU: 75-80% di possibilità di ritorno di El Niño)

 

Gas serra: nel 2017 le concentrazioni di biossido di carbonio, metano e protossido di azoto hanno raggiunto nuovi massimi. I dati di alcune stazioni di monitoraggio, tra cui quella di Mauna Loa (Hawaii) e di Cape Grim (Tasmania) indicano che il trend sta continuando anche nel 2018.

 

Oceani: gli oceani assorbono oltre il 90% dell’energia intrappolata dai gas serra e il 25% delle emissioni di CO2 antropogeniche, divenendo più caldi e acidi. Il livello medio del mare medio da gennaio a luglio 2018 è stato di circa 2 o 3 mm in più rispetto allo stesso periodo del 2017.

 

Ghiaccio marino: l’estensione del ghiaccio marino artico è stata ben al di sotto della media per tutto il 2018 con livelli record nei primi due mesi dell’anno. Il massimo annuale si è verificato a metà marzo ed è stato il terzo più basso mai registrato. Anche l’estensione del ghiaccio marino antartico è stata ben al di sotto della media nel 2018.