Una fonte anonima dello staff del neo presidente sostiene che gli Usa potrebbero addirittura ritirarsi dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) del 1992
(Rinnovabili.it) – L’elezione di Donald Trump ha scatenato timori e speculazioni su quali saranno le sue politiche sul clima. Manterrà le sue posizioni di negazionista climatico? Il suo ingresso alla Casa Bianca significa che gli Stati Uniti abbandoneranno la leadership globale sul clima, che finora hanno condiviso con la Cina? E soprattutto: Trump saboterà l’Accordo di Parigi? Il dubbio è lecito, visto che la retorica da propaganda elettorale di rado coincide con le decisioni che poi vengono effettivamente prese. Eppure i primi indizi sembrano puntare proprio in questa direzione.
Il presidente eletto starebbe vagliando tutte le possibilità per recedere dall’Accordo sul clima. Lo rivela all’agenzia Reuters una fonte all’interno del ‘transition team’ di Trump, che ha chiesto di rimanere anonima. Secondo la fonte, che fa parte del gruppo di consiglieri per quanto riguarda i temi dell’energia e delle politiche climatiche, i consiglieri di Trump stanno studiando un modo per ritirare la firma di Washington dal trattato entrato in vigore il 4 novembre.
Lo scoglio da superare, in particolare, è l’articolo 28, che impedisce a un firmatario di recedere prima di 4 anni. Una tempistica che da più parti è stata sottolineata per rassicurare che, a prescindere dalle intenzioni di Trump, l’accordo resterà in piedi ancora per un po’. Per aggirare la norma il neo-presidente ha diverse possibilità, la cui efficacia resta però tutta da verificare.
La prima è dichiarare l’uscita degli Usa dal patto sul clima tramite un ordine presidenziale, che però farebbe scattare la regolare procedura di uscita. La seconda è congelare gli impegni degli Usa: la firma resta, almeno formalmente, ma le politiche vanno in tutt’altra direzione. In entrambi questi casi, bisogna ricordare che l’Accordo di Parigi resterebbe in piedi: infatti i paesi firmatari sono ad oggi 109 (ben oltre la soglia minima di 55) e pesano per il 76% delle emissioni globali. Senza gli Usa non si scenderebbe comunque sotto il 55% richiesto. La grande incognita sarebbe però la Cina, primo inquinatore mondiale, che potrebbe seguire le orme di Washington.
La terza ipotesi, decisamente più preoccupante, consisterebbe invece nel ritirarsi non solo dall’Accordo, ma anche dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) del 1992. Sarebbe una mossa drastica, visto che è la piattaforma su cui si innesta non solo Parigi, ma anche Kyoto e l’intero meccanismo delle COP. In altre parole, significherebbe rinnegare tutta l’agenda climatica mondiale in un colpo solo. Ironicamente, gli Usa aderirono per volontà di Bush padre e il provvedimento fu approvato dal senato a maggioranza repubblicana.