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Rifiuti elettronici: Paesi poveri non sono “un’enorme discarica”

Scontro politico tra Paesi industrializzati e in via di sviluppo sulla possibilità di esentare i rifiuti elettronici “riparabili” dalle procedure di controllo previste dalla Convenzione di Basilea sul commercio internazionale degli scarti pericolosi

Rifiuti elettronici: Paesi poveri non sono “un’enorme discarica”(Rinnovabili.it) – “I Paesi industrializzati stanno trattando il resto del mondo come un’enorme discarica dei rifiuti elettronici”, ha affermato Jim Puckett, direttore esecutivo del Basel Action Network, l’organizzazione americana che combatte il commercio di rifiuti tossici.

Nell’ambito dell’undicesima Conferenza delle parti della Convenzione di Basilea, che regolamenta il commercio degli scarti tossici, vi è stato un vero e proprio scontro politico tra le potenze industrializzate – come Stati Uniti, Europa, Giappone e Canada – e Paesi in via di sviluppo in merito ad una bozza di una Linea Guida che considera le apparecchiature non funzionanti come rifiuti che, se pericolosi, necessitano di un consenso esplicito da parte dei Paesi importatori per l’ingresso nel loro territorio.

 

Ma, a causa dell’ostruzionismo delle potenze industrializzate e dei produttori di apparecchiature elettroniche rappresentati dalla Information Technology Industry Council (ITI), la bozza potrebbe non essere adottata; la loro proposta, infatti, è quella di esentare i rifiuti considerati “riparabili” dalle procedure di controllo previste dalla Convenzione di Basilea. In altre parole, una vera e propia scappatoia che permetterebbe alle apparecchiature usate “riparabili” di essere esportate in Paesi come Asia ed Africa, evitando tutti i controlli sul commercio dei rifiuti pericolosi.

 

Riparare le attrezzature elettroniche – ha affermato Puckett – è ovviamente una cosa positiva, ma ciò potrebbe generare rifiuti ogniqualvolta le singole parti vengano sostituite. E senza controlli chiunque potrebbe affermare che le apparecchiature sono in realtà tutte riparabili”.

Gli scarti elettronici esportati nei Paesi in via di sviluppo vengono spesso trattati senza alcuna sicurezza, a scapito dell’ambiente e della salute della popolazione. “Tali Paesi non possono controllare il flusso di spazzatura elettronica proveniente dalle potenze industrializzate come “aiuto ai poveri” e per colmare il divario digitale”.