Ieri è stato approvato un mini-fondo da 50 mln di dollari, un’inezia rispetto a quanto servirebbe per implementare sul serio una lotta globale ai cambiamenti climatici
(Rinnovabili.it) – Quando i delegati alla COP22 si riuniscono per parlare di finanziamenti climatici, il summit di Marrakesh oscilla pigramente tra vaghe dichiarazioni di intenti e un immobilismo preoccupante. Il tema – fondamentale affinché l’Accordo di Parigi non resti soltanto inchiostro su carta – continua a dividere gli Stati, incapaci di trovare una mediazione e annunciare qualche risultato concreto. Ben distante dall’euforia della cerimonia di apertura, man mano che ci si avvia verso la conclusione l’atmosfera della COP22 vira verso un più deciso pessimismo.
Ieri pomeriggio alcuni paesi tra cui Usa, Gran Bretagna e Germania hanno annunciato la creazione di un fondo per aiutare i paesi in via di sviluppo a monitorare meglio le proprie emissioni. L’importo è la misera cifra di 50 milioni di dollari, vero segno che quando si tratta di aprire il portafoglio gli Stati che – almeno in teoria – dovrebbero rappresentare la leadership della lotta ai cambiamenti climatici oppongono resistenza. Perché?
Rileggendo l’Accordo di Parigi, il budget previsto sotto la voce finanziamenti climatici ammonterebbe a 100 miliardi. Dovrebbe coprire una serie di ambiti molto diversi: adattamento al climate change, mitigazione e prevenzione, un meccanismo sui loss & damage ovvero i risarcimenti per le perdite e i danni irreparabili subìti dai paesi vulnerabili a un cambiamento climatico innescato dalle economie avanzate.
Al di là del capitolo risarcimenti (tema controverso già alla COP21), lo scoglio principale viene indicato con la parola “trasparenza”, ma va inteso piuttosto come “difesa della sovranità nazionale”. Da un lato i paesi più avanzati – che mettono i soldi – vogliono avere garanzie su come vengono impiegati i fondi. Dall’altro gli Stati più a rischio e quelli in via di sviluppo – che li ricevono – temono di dover obbedire ciecamente alle richieste dei donatori, perdendo la possibilità di decidere in autonomia priorità e allocazione delle risorse.
Sta di fatto che la provenienza reale dei soldi mobilitati per i finanziamenti climatici non aiuta. Infatti gli Stati vengono affiancati nell’esborso da donatori privati, che ovviamente vogliono investire i loro soldi avendo un ritorno. Così vengono approvati progetti per il taglio delle emissioni, mentre opere di adattamento e mitigazione non vedono un centesimo, in quanto sono meno appetibili commercialmente.
A che punto è quindi la discussione su questo capitolo a Marrakesh? Per ora la priorità di Ue e Usa è stabilire linee guida per i criteri di trasparenza. Su questo punto pare ci sia un accordo di massima, raggiunto nella serata di ieri, ma soltanto su scadenze temporali e criteri per prendere alcune decisioni: le questioni più politiche sono state rimandate, ancora una volta, ad altri incontri successivi.