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Clima e grandi opere hanno sfrattato 8 milioni di brasiliani

Ogni minuto, da 18 anni, un brasiliano deve abbandonare la sua casa a causa del clima o dei grandi progetti infrastrutturali approvati dal governo

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Nessuna tutela per gli sfollati del clima in Brasile

 

(Rinnovabili.it) – Ogni minuto, da 18 anni, un brasiliano deve abbandonare la sua casa a causa del cambiamento climatico o dei grandi progetti infrastrutturali approvati dal governo. In totale, 7,7 milioni di persone nel più grande stato sudamericano sono diventati sfollati, condannati a vivere nelle periferie di grandi città come baraccati, infelici e senza servizi.

Una cifra che potrebbe essere perfino sottostimata, ma è quanto di meglio siano riusciti ad ottenere i ricercatori dell’Istituto Igarapé, un think tank di Rio de Janeiro. Nel particolare, l’analisi divide i migranti interni in due: 6,4 milioni hanno dovuto fuggire in seguito ad alluvioni, siccità e altri disastri naturali, mentre 1,2 milioni sono stati sfrattati dalle grandi opere, soprattutto dighe.

LIstituto Igarapé ha lanciato oggi il Forced Migration Observatory (FMO), una piattaforma digitale che utilizza i dati di georeferenziazione costruendo le mappe dei casi più emblematici di mega-progetti e disastri naturali.

 

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Non esiste un quadro giuridico in Brasile per gestire i flussi migratori interni. Eppure, solo nel 2015, 64 mila persone si sono trasferite a causa di una siccità durata cinque anni nelle regioni interne del nord-est. Inoltre, non è stato facile – denunciano i ricercatori – reperire i dati sulle migrazioni forzate dalle grandi opere. Il Brasile ha una lunga storia di sfratti di intere comunità: nel 2000 sono state trasferite 10 mila persone per la diga di Itá, nel sud del paese, mentre nel 2014, in 30 mila sono stati cacciati per la costruzione dell’enorme diga di Belo Monte nello stato del Pará.

Gli attivisti dicono che i numeri potrebbero essere molto più alti, e denunciano la mancanza di qualunque interesse da parte delle autorità per la sorte degli sfollati. Il ricollocamento è responsabilità delle compagnie impegnate nei progetti infrastrutturali, ma per queste aziende l’alloggio non è un diritto, è un costo.

Così, finisce che molte persone vengono trasferite dentro piccole case in quartieri periferici costruiti appositamente, esposti ad alluvioni, carenza idrica e problemi strutturali. La maggior parte degli abitanti deve comprare anche l’acqua potabile senza avere un lavoro. Con tassi di disoccupazione alle stelle e nessuna politica di integrazione, cresce la criminalità che porta alla repressione dello stato.